"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

26 marzo 2010

Se quest'uomo è un folle, viva la follia!

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I custodi dell'Eternismo non possono sopportare che qualcuno tenti di smentire il loro Credo e perciò, a mali estremi estremi rimedi, sono costretti a uccidere.
Il primo dei Dieci Comandamenti recita: non avrai altro Dio all'infuori di me. E ciò vale per ogni religione, sia essa teista che ateista. Ma in ogni tempo e in ogni luogo ove esiste una religione vi è una forma antagonista.
Così fu, per esempio, nel Medio Evo, dove le cosiddette "streghe" subivano il rogo; e così è nell'Era Moderna, dove che sostiene la storicità del capitalismo o la possibilità di un mondo senza l'uso del denaro viene deriso, perseguitato, emarginato, torturato, criminalizzato, ucciso.
I seguaci del Dio eterno sono autorizzati, giustificati, legittimati dall'Entità sovrannaturale che adorano, in ogni atto che compiono nei confronti di chi rifiuta la sua onnipotenza. Chi si oppone ad essi deve essere spazzato via con ogni mezzo disponibile, il Libro nei casi meno gravi, la spada con quelli irrecuperabili.
E, come dicevo, il capitalismo, la religione teista civile, non è da meno. Anzi, la sua forza di persuasione è terribile ancor più delle altre religioni. Infatti essa possiede il vantaggio di poter mostrare il proprio dio.
Penso a tutto ciò nel momento in cui finisco di leggere la storia di tale Gregoriy Perelman, matematico russo di San Pietroburgo.

Lo scienziato in questione attira l'attenzione del mondo perchè si permette di fare qualcosa di inaccettabile agli occhi, marci e corrotti, dell'umanità occidentale: rifiutare il denaro.
Del signor Perelman, matematico russo, non interessa la personale storia di scienziato. Non interessa che abbia risolto la "Congettura di Poincaré" riguardante la comprensione degli spazi tridimensionali (tra i quali rientra quella dell'Universo); non interessa molto, se non a livello statistico-guinessorio, che tale enunciato sia rimasto insoluto per un secolo e che la sua soluzione, appunto, possa avere implicazioni anche a livello filosofico.
Del signor Perelman, matematico russo, interessa solo il fatto che non sia disposto ad accettare premi e riconoscimenti; interessa solo che sia "così folle" da rifiutare addirittura un milione di dollari messi a disposizione dall'Università di Cambridge.
E pronti via coi luoghi comuni: è un pazzo, non ha una donna, vive in un monolocale in condizioni igieniche al limite della sopportazione tra scarafaggi e chissà quali altri insetti, si lava poco e non cura la sua immagine infatti porta una barba alla Rasputin.
Insomma un disadattato.
Un individuo da evitare, da citare solo in sua assenza per farsi belli con gli amici del circolo accademico.
Nell'immaginario comune di questa società marcia e corrotta in cui agli individui che la abitano il cervello è stato sostituito da un registratore di cassa, chi rifiuta il denaro è un coglione o un filantropo riccastro che non ne ha bisogno se non per vanto.
Una terza opzione non è contemplabile, punto e basta.
Ma se per un momento provassimo a ragionare, magari scopriremmo cose inascoltabili per gli orecchi del capitalista.
Ad esempio che, proprio perchè cresciuto in una realtà di tipo sovietico, non è il lusso e l'eccesso quello che va ricercando il signor Perelman. Egli non ne ha bisogno perchè è realizzato in qualità di essere umano. Perchè evidentemente non gli manca nulla di ciò che un essere umano (non corrotto dalle sirene del capitalismo) ha bisogno, non sogna una villa o una Mercedes. Egli vive in pace con sè stesso e col mondo.
Ecco cosa non è possibile sopportare per i custodi dell'Eternismo, il fatto cioè che questo uomo metta in discussione la loro verità.


(Lurtz Sarumanovic)
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24 marzo 2010

Ma state zitti se non sapete, ignoranti!

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Il fatto è che non possiamo comprendere.
Siamo arretrati mentalmente, ancora legati a visioni fantastiche e o fantascientifiche. E quando tocchiamo con mano il futuro, che è già presente o, nel caso americano, addirittura passato, non lo comprendiamo e ci irritamo.
Ma dove crediamo di vivere? In una società socialista o, peggio, comunista? Ma che crediamo ancora alle favole?
Se non si era ancora capito, sto parlando di quel che accade nella Vandea italica: il meraviglioso nord-est. Una terra di popoli antichi ma politiche sociali future e innovative, come l'attuazione del meravigiosissimo liberismo.
Ma noi, indegni e ignoranti non comprendiamo.
Da veri, e vecchi e stantii e trinariciuti, bolscevichi, quei personaggi, per intenderci, che vanno in spiaggia col cappotto e si dissetano ancora con lo sciroppo di tamarindo, ci irritiamo.
Ma scusate, ancora non lo sapete che chi non lavora non ha diritto a mangiare?
E allora perchè pretendete che i figli di famiglie indigenti abbiano la possibilità di mangiare altro dall'ottimo pane e dell'ottima acqua (da veri gourmet quella piovana) come i figli delle famiglie perbene?Ancora non sapete che chi non può permettersi di pagare la quota per la gita deve rimanere a casa e, magari, rodersi per l'invidia?
E allora perchè criticate quelle brave persone che, possedendo un senso umano senza eguali, mandano gli studenti ricchi in gita a Londra e gli studenti poveri in una bettola di Monaco di Baviera a giuocare con i pidocchi dei materassi? (...che poi...quante storie per due acarucci...)
Oh? Ma riprendetevi, razza di fannulloni comunistacci!
Non dimenticate che nella più grande e bella e meravigliosissima democrazia del mondo sessanta milioni di individui non possono permettersi un'assicurazione che copra le spese sanitarie, ma mica fanno tutto sto' cianciare. Muoiono e basta. Eh che sarà mai...
Anzi, in molti stati ne sono così soddisfatti che le riforme comuniste di quel comunista di Obama vorrebbero rifiutarle.
Quindi cari criticoni fannulloni trinariciuti, se non capite che tutto ciò è il futuro evitate di parlare a vanvera. Meglio, accettate un consiglio.
Risparmiate il fiato che domani toccherà pagarlo!
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3 marzo 2010

"Figli di un calvinismo minore"?

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Per carità, mi fa anche piacere provare stupore nel leggere certe cose, significa cioè, magari anche in minima parte, che, nonostante sia un materialista, il mio livello di disillusione non ha ancora sfondato il tetto massimo. Insomma, conservo un briciolo di ingenuità o, se si vuole, purezza, forse infantile ma non mi dispiace.
Già, mi stupisco, dicevo, nel constatare che esiste ancora una borghesia con al guinzaglio una specie di giornalismo che non prova vergogna, pronto non solo a giustificare questo difetto ma capace di convertirlo in qualità.
Dario Di Vico, lunedì 1 marzo sul Corriere della Sera, solleva una questione apparentemente "antica" dal punto di vista del pensiero capitalista ma tornata d'attualità, l'etica del liberismo. Egli propone il massimo riconoscimento, a livello morale, per quegli imprenditori che si sono tolti la vita a seguito della crisi economica che ha colpito le loro aziende.
"[...] Meritano almeno che le associazioni della produzione e del lavoro onorino la loro memoria, come avviene giustamente per i troppi operai che finiscono crudelmente i loro giorni in fabbrica.
Schiacciati da una macchina o intossicati da un Veleno
", scrive il Di Vico. E, a questo punto, è doverosa una parentesi quantomeno per tirare una riga di differenza a livello numerico. Qui si parla di 11(undici) imprenditori suicidi in sedici mesi, nel caso degli operai, invece, la media è di 7(sette) al giorno che, in sedici mesi, fa un totale di oltre 3000!

Si dirà che non è una questione di numeri, perché anche una sola vita è importante.
Benissimo!
Allora vediamo un altro punto. Ossia il fatto che i 3000 non hanno "deciso" di morire! Essi sono stati assassinati dalla logica del profitto perpetrata da imprenditori senza scrupoli.
Fermo restando tutto ciò, però la questione che viene fuori dal pezzo di Di Vico è un'altra. La questione riguarda la sovrannaturalità dell'individuo imprenditore.
Anzitutto perchè all'operaio viene scippata la sua essenza di essere umano, perciò la sua morte viene relegata nel fascicolo "Incidenti di percorso" nello scaffale accanto a "Guasti meccanici".E poi perchè l'imprenditore, il proprietario dei mezzi di produzione e di scambio, è proprietario anche della propria vita, può quindi decidere quando e come privarsene, salvo, per piaggeria, addossarne la colpa al modus vivendi ultra individualistico e immorale in cui è costretto a vivere (...povero cristo...).
La sovrannaturalità dell'individuo imprenditore stà nel fatto che egli, districandosi abilmente tra il piano terreno e il piano metafisico, decide quale sia, di volta in volta, quello più comodo a giustificare le proprie nefandezze verso i suoi simili.
Leggendo l'articolo in posizione prona rispetto all'ideologia dominante verrebbe da pensare: "...poveracci, vittime inconsapevoli di un sistema brutale...".
A me, invece, viene da pensare che queste non sono altro che lacrime da coccodrillo. Perché è questo il mondo che hanno voluto. Se lo sono creato a loro immagine e somiglianza ma non vogliono pagare il prezzo della loro scelleratezza.
Attenzione, sia chiaro che io non gioisco della morte di nessuno.
Mi si permetta però di non dolermi della morte dei nemici.
Perché, fino a prova contraria, questa è una guerra e non l'hanno voluta i lavoratori!
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