"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

30 aprile 2010

Chi era Sergio Capitani*?

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*Era un operaio dell'Enel ed è morto il 3 aprile nell'incidente della centrale di Civitavecchia, aveva 34 anni!



Mi dispiace, ma è più forte di me. Non posso tenermi dentro lo sdegno che provo nei confronti del Primo Maggio così come è stato trasformato negli ultimi anni.
Ho sempre considerato la Festa dei Lavoratori (e sottolineo questa definizione contro il tentativo di "scippo" di alcuni che la vorrebbero trasformata in "Festa del Lavoro") come un territorio "franco", un giorno di rivalsa e di riflessione insieme.
Un giorno di festa in cui si è felici di alzarsi presto, mettersi la cravatta con il vestito della domenica e raggiungere i compagni di lavoro e di partito in piazza. Per farsi vedere bene in faccia. Per gridare in faccia al padrone e allo Stato che chi gioca col fuoco rischia di bruciarsi. Ma anche, semplicemente, per dire "ci sono anch'io!".
Per annusare gli umori e le voci. Per sfilare in via Roma davanti al giornale del padrone col pugno alzato e l'inno sovietico che devasta il brusio imponendo attenzione e rispetto.
Per riflettere sulle vessazioni che quotidianamente siamo costretti a subire. Per riflettere sui lavoratori uccisi dalla smania di profitto o su quelli che a quaranta-cinquant'anni si ritrovano licenziati e col culo per terra. O su quelli che non trovano lavoro perchè sono "troppo vecchi" a trent'anni o non hanno "abbastanza esperienza" a trentuno.
Sembra strano, vero?
E' paradossale, infatti, che ci si incazzi durante una festa ma questa è la nostra vita.
Costretti tutto l'anno ad ingoiare rospi enormi e a fare buon viso a cattivo gioco di fronte a capi ufficio o capi reparto imbecilli, a sorridere e fingere buon umore mentre si serve un caffè o una pizza, a fingere di non sentire gli insulti di chi sta dall'altra parte dello sportello, eccetera eccetera.
Sfoghiamo tutto in poche ore durante un corteo per un chilometro.

Ecco a cosa ci ha ridotti la cosiddetta "società civile".
Siamo come cani che vivono in casa e appena ci permettono una passeggiata al parco abbaiamo contro tutti.
Ed è per questo motivo che oramai da più di un decennio provo sdegno nei confronti del Primo Maggio.
Oggi la Festa dei Lavoratori non ha più questo significato, perchè nell'immaginario collettivo è stata sostituita dal Concerto del Primo Maggio.
Si incomincia a parlarne quasi un mese prima, perchè è questo l'Evento. E' organizzato dal sindacato e perciò, con un atteggiamento liturgico che proprio in quanto tale ha lo scopo di cancellare le tracce del profondo e reale significato della festa, viene "intitolato" di volta in volta alle morti sul lavoro, alla disoccupazione, contro la precarietà, eccetera. Ma, parliamoci chiaro, a chi interessa?
L'unica cosa che veramente interessa è chi occuperà il palco. Ci sarà Caparezza o Vasco Rossi? I Baustelle o De Gregori?
Da gennaio ad oggi i caduti sul lavoro sono 128 (aggiornato al 29 aprile, fonte: http://cadutisullavoro.blogspot.com ).
Si, si, me lo dici dopo...adesso ci sono gli Afterhours...
Questa sarebbe l'identità della Sinistra da preservare?
La vogliamo smettere di prenderci in giro?
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28 aprile 2010

La favola del profitto perduto.

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Il padrone ha (deve avere) sempre ragione, ed è tutt'altro che fesso.
All'interno del modo di produzione capitalistico tutto deve essere adeguato alle mitiche leggi del mercato.
Sembrerebbe un'affermazione banale, scontata, ma è necessaria perchè invece scopriamo che la realtà è differente. Infatti se da un certo punto di vista è la regola, e non ammette deroghe, come nel caso dei lavoratori, in primo luogo, e dei piccoli produttori, con dei distinguo ovviamente rispetto ai primi, in secondo luogo. Da un altro punto di vista, assume connotati particolari trasformandosi in norma flessibile. E mi riferisco ai grandi produttori, alle grandi aziende, alle banche e simili.
E' di questi giorni la proposta, presentata al parlamento europeo dal vicepresidente della Commissione europea Siim Kallas (commissario ai Trasporti), di "salvataggio" per quelle compagnie aeree che hanno subito perdite economiche in seguito all'eruzione del vulcano islandese Eyjafjallajokull.
Ci hanno insegnato che quello capitalista è il miglior mondo possibile, perchè al suo interno regna la libertà. Quello che hanno omesso di dirci è che la libertà non è accessibile a tutti, anch'essa è una proprietà privata. E' una proprietà e se ne può venir privati.

Per esempio, il cosiddetto lavoratore dipendente (il salariato, per parlare chiaro) non è libero. Esso è teoricamente libero, perchè viene considerato proprietario del suo corpo e della sua forza per produrre energia e dunque svolgere un lavoro (qualsiasi), ma è sostanzialmente non libero perchè non possedendo la proprietà e il controllo dei mezzi di produzione e di scambio è costretto a sottomettersi alla volontà di chi li detiene. Di fatto egli è equiparabile ad un utensile. Infatti quando la sua opera non serve, è in eccedenza o è divenuta obsoleta, egli non viene utilizzato e la sua conseguente scomparsa, la sua morte per inedia, rientra nella casella delle perdite di materiale. Ovvero, quello che succede nel caso di smarrimento o danneggiamento di un chiodo, un bullone, un sacco di farina o un trattore.
Dura lex, sed lex!
"E' la legge del mercato", esclameranno indifferenti i terroristi assassini sostenitori del liberismo.
Dal loro punto di vista, non hanno torto e vedremo più avanti il perchè. Ma torniamo al paragone.
Viceversa daio lavoratori dipendenti, i proprietari dei mezzi di produzione e di scambio non corrono rischi.
Ovviamente già immagino le urla di protesta dei membri della middle class, artigiani, bottegai, padroncini, portatori sani e malati di partita iva e piccoli imprenditori vari, che inviperiti e scandalizzati affermeno: "E il rischio di impresa, dove lo mettiamo?".
Risponderò a costoro nella medesima maniera con cui essi rispondono ai lavoratori che scioperano o protestano per le condizioni di miseria in cui sono costretti a barcamenarsi: cazzi vostri!
E dopo questa piccola parentesi torniamo al punto.
Dicevo che i proprietari dei mezzi di produzione e di scambio non corrono rischi, perchè?
Anzitutto, perchè la loro vita non viene messa in discussione e le eventuali perdite che subiscono sono sempre riferite ad una loro proprietà materiale inanimata (macchinari) o animata (lavoratori dipendenti).
In secondo luogo, perchè nel caso dovessero subire o prevedere di subire danni e/o perdite, queste, in base ad una assolutamente ipocrita norma di origine morale, verranno risarcite con denari di proprietà pubblica, ossia di provenienza erariale. In pratica, per mezzo delle tasse di quegli stessi lavoratori e consumatori che in seguito acquisteranno i frutti della loro stessa produzione.
A questo punto vediamo la questione in particolare.
Nei giorni scorsi il vulcano Eyjafjallajokull ha eruttato e, in seguito alle correnti metereologiche, si è sollevata sui cieli europei una nube che ha reso difficoltoso, quasi impossibile, il normale traffico aereo. Ora il fatto è che le compagnie aeree hanno lamentato perdite di profitto per i mancati voli.
E' possibile tutto ciò?
E, conseguentemente, è possibile che venga proposto un pacchetto di misure a sostegno dell'industria del trasporto aereo da parte del commissario europeo ai Trasporti?
Le grandi compagnie aeree private fanno leva sul ricatto minacciando licenziamenti, di contro, giustamente, i sindacati premono sui governi per scongiurare l'ipotesi. E i governi cosa fanno? Promettono fondi di salvataggio e risolvono il prblema. Ovviamente non prendono nemmeno in considerazione la possibilità di assorbire le aziende private trasformandole in statali rendendo perciò giustamente proprietari quei lavoratori e consumatori contribuenti che, appunto con le tasse, hanno appianato le presunte perdite.
Eh no. Ci mancherebbe. E' giusto che vi sia il libero mercato.
Ah si? Questo significa quindi che ogni essere umano, il quale a detta degli esperti di economia e dei giuslavoristi è allo stesso tempo lavoratore e imprenditore di sè stesso, ha diritto al rimborso del salario, vita natural durante, in previsione di sciagure che possono colpire l'azienda in cui lavora o a seguito di un licenziamento o comunque qualsiasi genere di evento di qualsivoglia natura.
E' così, vero?
No, non è così.
Infatti, nel suo caso, il lavoratore come si dice qui da noi in Piemonte "se la prende nel frac".
Allora, esimi scarti intestinali di quadrupedi ruminanti (leggasi politicanti vari e liberisti in genere) vorreste spiegare al rozzo popolo per quale stracicciolo di motivo dovrebbe essere felice di farsi scippare questo "pizzo" dal rispettivo governo?
E, in conclusione, la vogliamo smettere di inventare sciocchezze che non stanno nè in cielo nè in terra, come quella dei posti di lavoro "persi" quando in realtà non sono mai stati "aquisiti" o quella del profitto mancato quando in realtà non è stato svolto alcun genere di servizio?
Insomma, ci si decida. Vogliamo parlare di realtà sempre oppure di realtà quando si tratta di profitto e di previsioni quando si tratta di perdite?
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25 aprile 2010

25 Aprile a Teramo: L'ennesima falsificazione storica (di Erman)

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E' stata una triste commemorazione del 25 Aprile quella svoltasi stamattina a Teramo.
Di fatto, non lo è stata.
Un disegno politico studiato con dovizia di particolari ha fatto in modo che venisse cancellato ogni riferimento alla lotta partigiana, ogni contesto di analisi storica e di classe. Si è voluto consapevolmente cancellare il carattere storico, politico e sociale della Lotta di Liberazione, annacquandola con dei contenuti vaghi, retorici ed in ultima analisi in linea con l'ideologia dominante.
La banda musicale ha scandalosamente suonato La Canzone del Piave creando incredulità e sgomento ai comunisti intervenuti, ai sinceri democratici ed ai compagni dell'Azione Antifascista. Anzi, le forze dell'ordine hanno diviso il corteo, creando un cordone che separasse lo striscione di Azione Antifascista dal resto dei commedianti.
Chiaramente, non potendo vietare per legge il 25 Aprile, si cerca di vietarlo di fatto, impedendo ai veri antifascisti di commemorarlo.
Il Sistema, quanto mai ingiusto ed arrogante, tenta di appropriarsi di questa ricorrenza per trasformarla in una sorta di Festa delle Forze Armate, dove sfilano postfascisti, berlusconiani e rimasugli fascisti.
Prestiamo attenzione, ricordiamoci che la storia è un orologio, le lancette prima o poi tornano sempre al punto di partenza. E mentre oggi si nega la Resistenza, contemporaneamente in molte parti d'Italia si negano pasti a bambini nelle scuole, si creano barriere a sfondo razziale, si licenzia e si incentiva lo sfruttamento sociale.
Il nesso è inquietante....
Pericolosamente i nodi vengono al pettine, e non si puo' piu' stare a guardare.
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