"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

8 ottobre 2010

Sul problema obesità.




Uno dei problemi dell'Era Moderna, anzi forse il primario, è l'alimentazione.
Su "Avvenire" di domenica 3 ottobre, un articolo firmato da Chiara Zappa mette in luce una problematica direttamente connessa con l'alimentazione, ossia l'obesità.
Nonostante vengano prese in considerazione alcune cose, a mio parere di importanza basilare, a modo di vedere dell'articolista la questione è di natura culturale. Il fatto che secondo talune usanze "grasso è bello"; una visione determinata dal timore dell'aids, secondo cui per via del fatto che la malattia smagrisce si "gode" dell'essere grassi e perciò non contagiati; addirittura, e forse è questo il punto che più mi crea fastidio, una "scelta" data da nuove condizioni di benessere economico.


Insomma, a mio parere, e con fin troppa semplicità, si vede il dito ma si ignora completamente la Luna. Tralasciando per un momento una questione di fondamentale importanza, ovvero il fatto che il continente africano è ancora oggi, e credo che ciò sia innegabile, considerato una sorta di magazzino per le scorte di schiavi e di materie prime, se allarghiamo la visuale al resto del mondo ci accorgiamo che il luogo dove l'obesità è un grave problema sono gli Stati Uniti, seguiti a ruota dal Sud America e dall'Europa.
Il problema dell'obesità va di pari passo con lo sviluppo della povertà relativa tipica dell'esplosione del modo di produzione capitalistico. L'industrializzazione sfrenata, l'erosione delle campagne da parte dei centri urbani, la mancanza di tempo sufficiente alla propria vita personale, e, ovviamente, i salari insufficienti al mantenimento di sè stessi e della propria famiglia, determinano l'aumento della percentuale di persone che soffrono l'obesità e le patologie ad essa legate.
Nei paesi in via di sviluppo, ma anche in quelli ultra-sviluppati, si è passati dalla mancanza di cibo alla cattiva abitudine alimentare. Che però, contrariamente a quello che affermano alcuni, non è data dalle "usanze culturali". Ma bensì imposta dalle condizioni economiche.
Le materie prime, ovviamente nel nostro caso specifico gli alimenti di prima scelta, non sono concesse a tutti nella stessa maniera.
Per capirci meglio, faccio un esempio.
Quando vado dal salumiere e chiedo del prosciutto cotto, il bottegaio mi elenca una scelta di differenti qualità che richiedono prezzi diversi: la "prima" qualità ha un costo nettamente superiore al prodotto di scarsa qualità. E la differenza è data dai differenti ingredienti utilizzati per il suo confezionamento.
Pensare che, come nel nostro esempio, "il prosciutto, è prosciutto!" equivale ad ignorare un grave problema.
Allora, prima di fare discorsi che fanno fatica a reggersi in piedi, sarebbe utile scrollarsi di dosso determinati pregiudizi e guardare in faccia la realtà.
L'obesità non è che uno dei "frutti" di un problema ben più grave, ossia la tendenza alla povertà relativa generale.
Negli Usa, dove questo problema viene visto e affrontato con meno pregiudizi di ordine morale, non si cerca la soluzione, che comporterebbe un sostanzioso aumento dello "stato sociale", ma si è trovata un'escamotage per fare in modo che questi milioni di soggetti non trovino (o ne trovino meno) difficoltà nel rapportarsi alla comunità (perché non dimentichiamo che tra le patologie ad esse collegata ve ne sono di carattere psicologico). Ecco comparire quindi, carrelli da supermercato con seggiolino per facilitare la deambulazione, sedili per automobili e poltrone da cinema e da teatro appositi, eccetera eccetera.
Comodo, no?
Quasi ironicamente, si è trasferito un serio problema della popolazione in risorsa di genere economico.

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