"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

28 dicembre 2010

Il giuoco delle tre campanelle (di Lurtz)

Accantonando solo per un attimo le recenti porcherie riservate ai lavoratori, per concludere l'anno in bellezza vogliamo proporre un interessante articolo uscito su Avvenire del 21 dicembre, firmato da Piero Gheddo, col titolo "Il Rinascimento? Fu solo in Occidente".
Interessante perché conferma il senso di fastidio che si prova nel rilevare l'ottusità che accompagna ogni genere di dogma.
Non perché di per sè il "dogma" venga perseguito da ottusi, ma semplicemente per una questione di onestà intellettuale. E, viste le sbandate postmoderniste degli ultimi tempi, ci si sarebbe aspettati meno rigidità.

Sia chiaro che questo tipo di atteggiamento, più che infastidire, diverte. E che, proprio dal punto di vista postmodernista, risulta assolutamente coerente.
Ma, a mio modo di vedere, tocca decidere alla fine da che parte stare. Quanto meno per non apparire addirittura.....eretici.

Il Rinascimento? Fu solo in Occidente (di Piero Gheddo)
Sul Corriere della Sera di pochi giorni fa Paolo Mieli pubblica un lungo articolo su "Asia, gli altri Rinascimenti", nel quale, recensendo il volume di Jack Goody "Rinascimento, uno o tanti?" (Donzelli), dimostra (o tenta di dimostrare) questa tesi: il Rinascimento europeo che ha prodotto in Europa «la corsa verso capitalismo, industrializzazione e modernità… non fu un unicum nella storia», poiché ci furono altri Rinascimenti nei paesi asiatici, specie in Cina, India e Giappone, che più recentemente stanno raggiungendo gli stessi traguardi del Rinascimento europeo. Anche il mondo islamico ha conosciuto il suo Rinascimento, quando a cavallo fra il primo e il secondo millennio, il sapere islamico era ben superiore a quello dell’Europa cristiana.
La tesi di Goody è questa: «Un mondo intero al di fuori dell’Europa conobbe fenomeni in qualche modo assimilabili al Rinascimento», per cui «va messa in discussione l’ipotesi di una superiorità dell’Occidente… nel senso che le vie che hanno condotto alla modernità sono state più di una».
Tesi rispettabile che però non spiega come mai le molte civiltà che hanno avuto un "Risorgimento" non sono mai sbocciate nella modernità intesa nel suo complesso di valori e di traguardi.
Il pandit Nehru, spiegando perché l’India era sottosviluppata (The Discovery of India, New York, 1964, pag. 283) afferma che la causa fondamentale è la differenza fra lo spirito europeo e lo spirito indiano: «La differenza vitale era questa: in Europa forze invisibili ribollivano all’interno delle sue masse, facendole continuamente evolvere. In India invece, la situazione era statica. La natura statica della società indiana rifiutava di evolversi».
Numerosi storici e sociologi giungono a conclusioni diverse da quelle di Goody.
Christopher Dawson scrive (in Il cristianesimo e la formazione della civiltà occidentale, Rizzoli 1997, pagg.19 segg.): «La religione è la chiave della storia» e dimostra che l’emergere e l’affermarsi della civiltà occidentale su tutte le altre non trova altra spiegazione se non nella visione messianica e ottimistica che la Bibbia e il Vangelo hanno dato, liberando le forze dell’uomo per le scoperte e l’impegno nel trasformare il mondo.
I due belgi storici delle civiltà, Jean Laloup e Jean Nélis (Culture et Civilisation, Casterman 1955, pag. 114) scrivono: «Alle sue sorgenti greco-romane e soprattutto al cristianesimo la civiltà occidentale è debitrice d’aver percorso dal punto di vista dell’eguaglianza, della libertà e della carità fraterna, una via totalmente ignorata dalle altre civiltà. La reazione antica e moderna contro la schiavitù, la lotta contro il dispotismo, l’avvento della democrazia politica e sociale, i "diritti dell’uomo" e le altre forme di rispetto della persona umana, rimangono delle acquisizioni originali dell’Occidente».
Arnold Toynbee ha sviluppato questa teoria (La Civilisation à l’èpreuve, Parigi 1951, pagg. 232-234, 237, 254): la civiltà occidentale è l’unica «universalizzabile», cioè contiene principi e valori validi per tutti gli uomini; principi e valori che vengono non dall’intelligenza umana, ma dalla Parola di Dio.
Tesi dimostrata fra l’altro dal fatto che la Carta dei Diritti dell’Uomo varata dall’Onu nel 1948 è stata fatta sulla base dei principi biblici ed evangelici (che erano quelli delle nazioni maggioritarie a quel tempo nell’Onu). Su proposta di vari Paesi non cristiani entrati in seguito nell’Onu, dal 1961 al 1971 il segretario generale dell’Onu, il buddhista birmano U Thant, tentò di dar vita ad una diversa Carta dei Diritti dell’Uomo. Nominò comitati di studio indù, buddhisti e islamici, ma non emersero proposte alternative (cfr. R. Nurske, Problems of capital formation in under­developed countries, Oxford 1953, pag. 4).
Per concludere.
Si può concordare con la tesi di Goody se si parla del Rinascimento come «rinascita che ha preso le mosse da una riconsiderazione di epoche precedenti (nel caso europeo si trattò dall’antichità)».
Ma se per Rinascimento intendiamo la corsa verso la modernità in tutti i suoi aspetti, diritti dell’uomo compresi, quello occidentale è stato unico, dando origine al "mondo moderno" che ormai tutti i popoli realizzano o vorrebbero realizzare, sia pure in modi diversi.

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