"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

17 ottobre 2010

"Le nefaste conseguenze dell'attuazione del federalismo fiscale".


Articolo condiviso da "L'ernesto"

di Domenico Moro

«La questione fiscale è centrale negli Stati moderni, sia per la gestione del debito pubblico che per la costruzione del consenso. Lo sanno bene Lega e Forza Italia (ora PdL), che della riduzione della pressione fiscale hanno fatto uno slogan: “non metteremo le mani nelle tasche degli italiani”. Il centro-sinistra, e la sinistra soprattutto, hanno pagato duramente la sottovalutazione della questione fiscale alle elezioni del 2006 e del 2008. Nel 2006 l’ultimo confronto Tv tra Prodi e Berlusconi, in cui il primo fece capire che avrebbe aumentato le tasse ed il secondo dichiarò che avrebbe eliminato la tassa sulla prima casa, contribuì a ridurre il margine di vantaggio del centro-sinistra ad una inezia e a generare una vittoria monca. I soli 24mila voti di scarto a favore del Centro-sinistra determinarono una maggioranza esigua che favorì la rapida fine della legislatura. D’altro canto, anche l’aumento dell’Irpef sui redditi dei lavoratori da parte del governo Prodi ebbe qualche responsabilità, insieme ad altri fattori (legge elettorale, mancato ritiro della Legge 30, Afghanistan, ecc.), sul tracollo della sinistra alle elezioni del 2008. Tuttavia, non è vero che la destra diminuisca le tasse, è vero anzi il contrario. Durante il precedente governo Berlusconi si registrò un aumento delle tasse indirette, quelle sui consumi.



Queste appaiono più “neutre” e sono meno evidenti agli occhi di chi le subisce rispetto alla tassazione diretta, sui redditi. E, soprattutto, pesano ugualmente su tutti, su Montezemolo e su Cipputi, che, quando comprano un prodotto o un servizio, pagano la stessa tassa (l’Iva), pur avendo redditi, diciamo così, diversi. Il risultato è una tassazione fortemente ingiusta dal punto di vista sociale e anticostituzionale. Infatti, la Costituzione all’articolo 53 dice che le tasse devono essere progressive, cioè devono aumentare all’aumentare del reddito. Oggi, con il decreto attuativo sul federalismo fiscale approvato dal governo assistiamo al “capolavoro” della destra italiana che coglie tre e non i due classici “piccioni con una fava”. Vediamo quali sono: 
- Aumento delle tasse. Il governo prevede di aumentare ancora la tassazione diretta con l’innalzamento del tetto dell’addizionale regionale Irpef dall’1,4% al 3%; 
- Redistribuzione del reddito nazionale a favore delle imprese. Mentre la tassa sui redditi da lavoro dipendente, l’Irpef, aumenterà, è prevista la riduzione e finanche l’azzeramento dell’Irap, la “tassa” pagata dalle aziende per la salute di chi lavora. È da notare, inoltre, che l’Irap non è propriamente definibile una tassa. Rappresenta il vecchio contributo alla assistenza sanitaria dei lavoratori che il primo governo Prodi nel 1997 incluse, insieme ad altre voci, nell’Irap. Si tratta in pratica di una parte del salario, quella indiretta, pagata in servizi pubblici. 
- Riduzione della progressività della tassazione. Il governo ha aumentato la tassazione indiretta, introducendo nuovi balzelli. Particolarmente iniquo quello sul passaggio sulle tangenziali e i raccordi urbani, che, sospeso dal Tar, è stato nuovamente decretato dal governo. Inoltre e soprattutto, col federalismo fiscale aumenterà il peso dell’Iva nel finanziamento delle regioni. 
Quali saranno le conseguenze sociali del federalismo fiscale? Saranno devastanti da almeno tre punti di vista: 
- Aumenterà il gap tra salari e profitti
- Aumenterà il gap tra regioni del Sud e del Nord. Non solo in termini di servizi e di infrastrutture. C’è un altro aspetto che non è stato considerato: la riduzione e ancor di più l’abolizione dell’Irap faciliteranno l’attrazione degli investimenti. E, dal momento che solo le regioni con bilanci in attivo, cioè quelle più ricche del Nord, potranno farlo, il Sud subirà un’ulteriore riduzione dell’afflusso dei capitali e una accentuazione della fuga già consistente della produzione verso il Nord. Il Pil del Mezzogiorno, sceso nel 2009 al livello minimo dall’Unità d’Italia (23,2% sul totale nazionale), rischia un ulteriore tracollo. 
- La sanità pubblica sarà gravemente ridotta. Con il federalismo si potrà ridurre l’Irap solo se i conti sono in regole e/o in presenza di tagli massicci alla spesa, ovvero con la riduzione del servizio. Già oggi si stanno chiudendo ospedali e reparti, con il federalismo fiscale ci sarà una vera ecatombe. Interi territori di provincia saranno costretti a fare capo alle strutture sopravvissute lontane decine di chilometri, con tutto ciò che ne consegue. Molti lavoratori rimarranno senza assistenza, con il non trascurabile effetto che la sanità privata avrà più spazi. 
La destra ha messo le mani nelle tasche degli italiani. Va smascherata, anche se si arrampica sugli specchi per negarlo, parlando di macchinose “clausole di invarianza fiscale” e di fantomatiche “conferenze di coordinamento governo-regioni”. Ci sarà una spinta a diminuire le tasse alle imprese, che è il vero obiettivo del federalismo, ed è per questa ragione appoggiato da Confindustria. Di conseguenza, si compenserà il taglio alle aziende con la riduzione dei servizi e/o con l’aumento delle tasse ai lavoratori. Inoltre, l’aumento della pressione fiscale sui lavoratori è tanto più intollerabile in quanto è sospinto dall’aumento del deficit e del debito pubblico, che in gran parte è causato dal sostegno ai profitti e alle rendite di imprese e banche. Il vero nodo della fiscalità italiana è la più alta evasione fiscale d’Europa, 100 miliardi di euro, ovvero il 7% del Pil, un dato superiore al deficit pubblico, che ammonta al 5,2%. Il governo Berlusconi-Lega è il meno adatto a combattere l’evasione: i maggiori responsabili dell’evasione sono gli industriali (32%), e l’incremento maggiore degli evasori nel 2010 si è registrato al Nord, in particolare nelle virtuose Lombardia (+10,1%) e Veneto (+9,2%), le regioni dove c’è la base elettorale di PdL e Lega. A sinistra, oltre ad aver sottovalutato la questione fiscale, ritenuta secondaria rispetto a quella salariale, si è finora affrontato il federalismo in modo poco deciso, pensando che fosse eminentemente questione di unità nazionale e non sociale e di classe. Si tratta di un errore, in primo luogo perché la questione fiscale rientra nella questione del salario complessivo, riguardando il salario indiretto. In secondo luogo, perché, con il permanere della crisi e la pressione dei mercati finanziari a ridurre deficit e debiti pubblici, la spinta ad aumentare le tasse sarà sempre più forte. Quindi, decidere chi e in che misura deve pagare le tasse sarà decisivo.»

2 commenti:

Simone ha detto...

Non mi è mai piaciuta la proposta federale.
Essa riduce il territorio - e tu sai quanto io tenga al territorio inteso come habitat della Comunità - a contenitore per l'economia.
Chi offre le condizioni migliori attira investimenti in un gioco al ribasso che slega lavoro e territorio col rischio di creare un turn-over di aziende che investono e disinvestono a seconda delle condizioni che trovano nelle diverse regioni della stessa Italia, trascinando nel collasso piccole attività locali che fanno da indotto a quelle più grandi.

Una volta ho avuto l'onore di misurarmi su questi temi col disonorevole Pagliarini in una sua conferenza proprio qui in paese, quando era candidato con La Destra (!).
I leghisti del pubblico credono non abbiano capito una sola parola da parte mia.
Pagliarini invece, e con lui i liberal-federalisti, capiscono ma se ne strafottono, che è peggio.

UHZ ha detto...

Vero...insomma la conferma che il (presunto) comunitarismo leghista non è verso la "protezione" del territorio ma di quel bottegaismo che lo abita, soprattutto quello del Nord-Est...