"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

15 ottobre 2010

"Quali aspettative sulla manifestazione del 16 ottobre?"

Articolo condiviso tramite "La Rete dei Comunisti"

«La manifestazione nazionale del 16 ottobre convocata dalla Fiom-Cgil a difesa dei diritti costituzionali dei lavoratori, ha creato molte aspettative. Il problema è verificare se, quante e quali di esse saranno attese.
Sul piano politico i contenuti della manifestazione colgono un problema reale. L’attacco padronale ai diritti dei lavoratori, punta non solo a imporre il comando totale del capitale sul lavoro, ma destruttura in profondità quella parte dell’impianto costituzionale che almeno formalmente ha riconosciuto al lavoro e ai lavoratori un ruolo fondativo della democrazia e della repubblica.
Il mantenimento di questo ruolo fondativo ha reso possibile che la Fiat venisse ancora oggi condannata in due tribunali (Potenza e Torino) per i licenziamenti ingiustificati dei delegati sindacali. Qualora passasse il modello “costituzionale” di Marchionne e della Fiat, uno scenario del genere diventerebbe raro o impensabile.
Ma sul piano politico la manifestazione del 16 ottobre pone anche altri problemi, stavolta di natura diversa. In questa occasione la Fiom-Cgil sta svolgendo un ruolo di supplenza politica verso le difficoltà e il logoramento dei partiti della sinistra, andando ad assumere un ruolo che non è proprio delle organizzazioni sindacali. Questo non rappresenta una novità. Cofferati e la Cgil nel 2002 svolsero lo stesso ruolo. Gli esiti nefasti però li abbiamo verificati tutti su entrambi i soggetti.
La segreteria della Cgil, spinge infatti affinché la manifestazione del 16 ottobre abbia solo “un carattere sindacale” e non assuma su di sé aspettative generali, perché sul piano politico esiste sia il problema delle relazioni tra il PD con i sindacati di regime come Cisl e Uil, sia l’ambizione a far rientrare al più presto la Cgil dentro i tavoli del patto sociale neocorporativo con Confindustria e governo, agevolando l’interlocuzione con la nascita di un polo moderato in funzione antiberlusconiana. In questo senso la Fiom-Cgil (e soprattutto il sindacalismo di base anticoncertativo) vanno normalizzati con ogni mezzo necessario.
E’ su questa strettoia che lo spazio per la Fiom-Cgil diventa irto di insidie e contraddizioni.


Da un lato ci sono le aspettative di migliaia di lavoratori, delegati, attivisti sociali che in qualche modo intendono tenere aperto il conflitto sociale tra capitale e lavoro e rifiutano il patto sociale.
Dall’altra ci sono le compatibilità interne alla Cgil che non ammettono scostamenti e tendono a isolare il sindacato dei metalmeccanici anche dentro la Cgil stessa.
Prima il referendum su Pomigliano poi le polemiche sulle contestazioni alla Cisl, hanno visto un crescendo di minacce, sanzioni, richieste di dissociazione esplicitate in ripetute interviste e dichiarazioni dall’attuale segretario della Cgil Epifani.
E qui si apre l’ultima contraddizione. La Cgil ha imposto alla Fiom-Cgil che al comizio finale parli Epifani, il quale in questi mesi si è sistematicamente opposto alla Fiom.
Si palesa così un duplice rischio:
a) che Epifani venga sonoramente contestato alla manifestazione di una importante categoria della sua Cgil. Tale scenario vedrebbe una resa dei conti feroce dentro la Cgil contro la Fiom (vedi l’intervista di Epifani al Corriere della Sera di mercoledì)
b) Se Epifani non venisse contestato in piazza ma legittimato e riconosciuto come leadership dopo aver agito sistematicamente contro le decisioni della Fiom-Cgil, sarebbe una nuova vittoria dell’ipotesi concertativa e neocorporativa. Ogni aspettativa dei lavoratori, dei delegati o dei militanti della sinistra sull’autonomia della Fiom alimentata in questi mesi, verrebbe nuovamente frustrata, sancendo la normalizzazione invocata dai sostenitori del patto sociale.
Ci sembra dunque che la manifestazione del 16 ottobre rischi così di diventare come quella del 20 ottobre del 2007 (quando la sinistra era nel governo Prodi), cioè una iniziativa nata e cresciuta con molte aspettative e rivelatasi troppo al di sotto delle stesse sul piano politico e soprattutto sul piano sindacale. Su questo piano infatti va evidenziato un'altro aspetto contraddittorio che non emerge mai.
Se la Fiom-Cgil può svolgere una funzione obiettiva sui problemi della categoria e sulla battaglia politica - al di là delle specifiche valutazioni ognuno può fare - diviene però inutilizzabile rispetto all'organizzazione generale delle altre categorie di lavoratori che di fatto vengono lasciate in mano alla Confederazione CGIL. Questo è un ruolo che non risponde per niente alle esigenze del movimento dei lavoratori, il quale ha bisogno di una reale ricomposizione confederale per sostenere la pesantissima lotta di classe "dall'alto" che viene fatta dal padronato e dal governo.
E’ troppo debole, anzi assente ancora oggi, una discussione sul dopo 16 ottobre, sul carattere e le possibilità del conflitto sociale nel nostro paese, sull’indipendenza politica e sindacale di una opzione di classe e sulle forme di organizzazione adeguate a rappresentare in questo scenario gli interessi dei lavoratori, dei disoccupati, dei settori popolari e dei ceti sociali proletarizzati dalla crisi economica.
Non guardiamo affatto con ostilità o sufficienza alla manifestazione del 16 ottobre e molti compagne e compagni sabato saranno in piazza, ma riteniamo sbagliato non indicare chiaramente le contraddizioni che continuano a ripetersi intorno a scandenze-evento come quella del prossimo sabato. I giorni successivi forniranno a tutti i dati obiettivi per discuterne con lealtà e franchezza.
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