"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

28 novembre 2008

Sciopero o non sciopero????



Come al solito mi sento come circondato, anche in occasione del programmato sciopero della CGIL mi sento combattuto tra l’odio nei confronti dell’attuale governo e la consapevolezza che ci troviamo di fronte ad un sindacato che ha avallato in questi anni la progressiva erosione dei diritti dei lavoratori ed ha concertato dei contratti al ribasso portando i lavoratori italiani ad avere il poco invidiabile primato di avere le retribuzioni tra le più basse d’Europa e gli imprenditori italiani con il più alto tasso di profitti e con il minor tasso d’innovazione e di investimenti in ricerca.
Senza contare le altre moltissime squallide vicende in cui il sindacato confederale è stato coinvolto, trasformandosi in una vera e propria casta, mi preme in questa sede ricordare ad esempio la vicenda del tentato (e molte volte riuscito) scippo del T.F.R. ai lavoratori, per ingrossare le casse delle loro assicurazioni con centinaia di milioni di €.
Purtroppo temo che il vero obbiettivo della C.G.I.L. è quello di risedersi al tavolo concertativo per dividersi la torta in posizione di forza e magari dare una mano al P.D. che ha anch'esso obiettivi che non hanno niente da spartire con l'interesse dei lavoratori.
Il seguente articolo è particolarmente significativo, anche perché proviene da fonti CGIL e rispecchia pienamente il mio pensiero.
«Lo sciopero proclamato dalla sola CGIL per il 12 dicembre scorso risulta del tutto inutile alla lettura della sua "piattaforma di rivendicazioni" del documento sulla crisi.
Le questioni essenziali della depressione italiana che è essenzialmente una crisi dei redditi del lavoro dipendenti e delle pensioni non vengono affrontate.
La questione della crisi sociale italiana dovuta alla artificiale forzata precarizzazione del lavoro (provata dal fatto che lo stesso lavoratore viene riassunto come precario più volte dalla stessa azienda) non viene affrontata.
Si dà per scontato un regime di salari e di retribuzioni intoccabile.
Qualche soldo in più viene proposto attraverso la detassazione che tuttavia non viene neppure estesa alla tredicesima mensilità.
La strada della detassazione porta alla perdita del ruolo sociale del salario ed alla sua importanza nel welfare italiano.
Non a caso Berlusconi ne propone la strutturalizzazione a cominciare dallo straordinario.
Non finirà cosi dal momento che tutto il welfare è sotto attacco e deve essere "affamato".
Il programma della destra, come si è visto dalla legge 113 e da altre leggi recentemente approvate, è assai organico ed ha una strategia di lunga, lunghissima scadenza alla fine della quale avremo una Italia ancora meno dotata degli USA di tutele per i lavoratori.
La terribile questione della privatizzazione dell'acqua non viene affrontata.
Non si chiede una revoca della norma introdotta da Tremonti nella finanziaria.
Si sa per certo che la privatizzazione dell'acqua, dovendo garantire guadagni a chi la gestirà, produrrà un appesantimento delle bollette come è accaduto per tutte le privatizzazioni dei servizi fin qui realizzati a cominciare dai servizi locali.
Non una sola privatizzazione è stata di sollievo per la cittadinanza.
Lo sciopero manca delle rivendicazioni fondamentali: aumento dei salari e abrogazione della legge Biagi.
L'Italia è un inferno per i giovani ed è l'unico paese europeo con una patologia cosi ampia nel diritto al lavoro.
Cinque milioni di precari non coprono cinque milioni di posti di lavoro nuovo ma sostituiscono cinque milioni di contratti a tempo indeterminato.
Questo ha aumentato la ricattabilità e lo stato di umiliazione delle nuove generazioni almeno dal varo del pacchetto Treu (Treu e Sacconi sono la stessa linea giulavoristica di distruzione del diritto).
La CGIL non chiede la immediata trasformazione dei contratti a tempo indeterminato ma si limita a rivendicare una mancia per i quattrocentomila precari che sono stati estromessi.
Lavoro, salario e diritti restano quelli che sono: macerie ancora sotto il bombardamento nemico che vuole la loro totale polverizzazione.
Emerge dallo sfondo di questa grande offensiva ideologica della destra contro il lavoro una Italia di precari ridotti a salari che diventano una sorta di mancia, mercede come una volta venivano chiamati, che difficilmente potranno continuare a tenere in vita il welfare.
Dall'Europa giungono notizie che dovrebbero allarmare e si riferiscono all'allentamento dei vincoli di Maastricht: con un regime di salari e di pensioni non indicizzati ci sarà un ulteriore gravissimo abbassamento del potere di acquisto. Non sono per i vincoli rigidi di Maastricht ma il loro allentamento se non è preceduto dalla reintroduzione della scala mobile sarà un disastro sociale di proporzioni paurose.
Letta e Bersani possono stare tranquilli.
La loro linea bipartisan di sostegno all'economia italiana non viene attaccata dallo sciopero.


Pietro Ancona (già membro dell'esecutivo CGIL, già membro del CNEL )».

Scritto da Giampi (membro)

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