"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

9 agosto 2011

Un tentativo di riflessione, elementare, su lavoro produttivo e lavoro improduttivo (Lurtz)

«La produzione capitalistica non è soltanto produzione di merce, è essenzialmente produzione di plusvalore.
L'operaio non produce per sé, ma per il capitale. Quindi non basta più che l'operaio produca in genere. Deve produrre plusvalore. E' produttivo solo quell'operaio che produce plusvalore per il capitalista, ossia che serve all'autovalorizzazione del capitale. Se ci è permesso scegliere un esempio fuori della sfera della produzione materiale, un maestro di scuola è lavoratore produttivo se non si limita a lavorare le teste dei bambini, ma se si logora dal lavoro per arricchire l'imprenditore della scuola. Che questi abbia investito il suo denaro in una fabbrica d'istruzione invece che in una fabbrica di salsicce, non cambia nulla nella relazione. Il concetto di operaio produttivo non implica dunque affatto soltanto una relazione fra attività ed effetto utile, fra operaio e prodotto del lavoro, ma implica anche un rapporto di produzione specificamente sociale, di origine storica, che imprime all'operaio il marchio di mezzo diretto di valorizzazione del capitale. Dunque, essere operaio produttivo non è una fortuna ma una disgrazia» (Il Capitale, Libro I, Cap. 14: “Plusvalore assoluto e plusvalore relativo”).


Con un senso di disgusto molto alto, qualche giorno fa, guardavo su un canale del digitale terrestre, La5 mi pare, un pezzo di programma di cucina importato da qualche paese anglosassone.
Infastidito non perchè si cucinassero pietanze orribili, tutt'altro, ma perché non si capiva molto di cosa cucinassero e perché il conduttore, un noto chef probabilmente auanaganese, insultava e trattava male chiunque tranne i clienti del finto ristorante.
pare si trattasse di una specie di reality a cui partecipano un gruppo di amici o una famiglia, e lo scopo è obbedire ciecamente agli ordini, e alle umiliazioni, dello chef al fine di preparare un menù gradito ai clienti.
Tralasciando il fastidio che mi provoca l'atteggiamento di questo coglionazzo con la casacca da cuoco, vorrei approfondire una questione che mi pare interessante.



A mio parere, la cucina, e tutto quello che le gira intorno, dalla scelta degli ingredienti a quella degli oggetti per cucinarli e servirli, la scelta delle bevande da abbinare, il senso di comunità nello stare intorno ad una tavola, ma anche il preparare la tavola e dividersi i compiti fino a consumare il pasto per goderne tutti, si può riassumere in una parola: "convivialità"; e ritengo sia una cosa sacra, da preservare.
In questo senso, forse i momenti più belli che ricordo sono quelli che si riferiscono ad un periodo in cui, insieme ad altri tre amici, una volta alla settimana, con la scusa di una partita a scopone scientifico, ci si riuniva a casa dell'unico che potesse ospitarci e ci si faceva la classica mangiata a base di pesce. Al mattino, il nostro ospite, che si incaricava di cucinare, andava a fare la spesa; noi lo raggiungevamo nel tardo pomeriggio, perché tutti impegnati a lavorare. Tutti i passaggi venivano svolti in assoluta comunione. Chi preparava la tavola, chi puliva il pesce, chi tagliava il pane, eccetera eccetera. Il tutto discorrendo di politica o di filosofia, tra un bicchier di vino e un assaggio. Poi ci si sedeva per consumare la cena e alla fine si sparecchiava e si lavavano le stoviglie. Senza fretta, senza distinzione tra "tempo utile" e "tempo inutile".
"La prova del cuoco", "Cotto e mangiato", "Cuochi e fiamme", sono solo alcuni tra i programmi dedicati alla cucina trasmessi dalle varie emittenti televisive.
Dopo più di un decennio in cui la Fesseria l'ha fatta da padrone con migliaia di ore dedicate ad approfondimenti fuffeschi su oroscopo e gossip, sembra che si sia trovato un filone di (quasi) utilità. Sembra infatti che vi sia una volontà pedagogica a guidare la composizione dei palinsesti e quindi fioccano ovunque trasmissioni che dedicano ampio spazio al meteo e altre esclusivamente alla cucina. Non casualmente utilizzo il termine "pedagogia", perchè ritengo che esista proprio l'intento di educare sull'ottimizzazione del tempo "sprecato".
A prima vista, i programmi di cucina, hanno la sembianza di cortesia a favore delle migliaia di impiegati, operai, single che non hanno tempo o difettano in volontà o fantasia e anche per casalinghe o cuochi provetti. La mia conclusione è diversa. Li vedo come una sorta di "indirizzazione" utile ai fini della società capitalistica. Una società, ovvero, in cui il tempo "utile" è solo quello entro il quale si produce e dove il tempo "inutile", ossia quello entro il quale ognuno di noi si dedica alla propria vita e al proprio piacere, deve essere ottimizzato al massimo. E non stupisce che si studi un metodo simpatico che permetta di cibarsi "umanamente" e impiegando meno tempo possibile.
Primo, secondo e dolce in meno di un'ora, cibi in scatola presentati con fantasia, una sfoglia di pasta pronta in pochi minuti, eccetera eccetera.
del resto, non è una novità quella di sfruttare gli spazi di tempo "buchi". Pensiamo a quanti durante la pausa pranzo vanno in palestra o fanno la spesa al supermercato e così via. Poi, magari, escono dall'ufficio alle sette di sera, ma non se ne preoccupano perché non hanno nient'altro da fare che.....dedicarsi alla propria vita!
Si badi che qui il complotto non c'entra nulla. Si tratta di un "movimento" assolutamente naturale: si presenta un problema o una difficoltà e l'Uomo cerca una soluzione.Niente di più, niente di meno. La questione è anzitutto rilevare il livello di sottomissione mentale alle regole del mondo in cui si vive e poi denunciare il fatto che, invece di cercare soluzioni definitive, i "guardiani del palazzo" ne offrono sempre e solo di tipo riparatorio.
Uno degli obiettivi che, secondo me, l'essere umano che vive in un contesto di civiltà industriale o post-industriale deve perseguire è di riappropriarsi del proprio tempo. Perché il tempo non appartiene al padrone ma ad ogni singolo individuo, il quale deve poterne disporre a proprio piacere (quando si parla di "giornata lavorativa", si intende il tempo che il padrone estorce con la forza al lavoratore, non si daba al fatto che NON esistono molteplici giornate all'interno della stessa; esiste UNA sola giornata, quindi il tempo rimanente non è considerato positivo, nel senso di utile alla produzione).
Tutte le fesserie sulla necessità di produrre sempre di più, sono fesserie appunto. L'equazione è semplice da capire.
Se tutti producono e tutti consumano, sarà sufficiente produrre meno e consumare meno per vivere da esseri umani. Ma dato che così non è, ossia in realtà una grande maggioranza produce e tutti consumano; la piccola parte che non produce ma consuma costringe la grande maggioranza, con la forza, a produrre di più di quello che ha bisogno.
E il discorso vale anche nel caso della cucina. Infatti, quello del tempo, non è un problema che riguarda le classi più abbienti le quali possono disporre di cuochi, camerieri, maggiordomi e inservienti vari che provvedono a tutto lasciando "l'onere" di ospitare alle padrone di casa.

2 commenti:

Simone ha detto...

E' molto curioso l'aggancio tra il concetto marxista del plusvalore (combinazione, l'ho ripassato ieri sera sulla monografia di filosofia...) e un programma di cucina.
Questo detto tempo fa feci delle considerazioni simili su altre cose, come ad esempio la diffusione di strumenti da palestra da casa che ci consentono gentilmente di tenerci in forma nella solitudine di casa nostra, magari davanti a un tg disinformante nell'unica ora libera che ci resta. Il che viene presentato come un'opportunità (risparmio di tempo per non dover andare in palestra) quando in realtà è solo una toppa a una fregatura che sta più a monte (il tempo della giornata che ci è stato sottratto).
Stesso discorso quindi per le gustosissime pietanze pronte in 30 secondi di cui parli.

Aggiungerei, comunque, che la progressiva sottrazione di tempo a danno dei lavoratori non ha effetti solo sul plusvalore che produciamo ma anche sulla nostra capacità critica. La cronica mancanza di tempo impedisce ai più di studiare e informarsi a debito su fatti dei quali, di conseguenza, vengono prese come oro colato le versioni ufficiali dei ns media. Tra l'altro le veline di tg e giornali occidentali, oltre ad essere martellanti, hanno proprio il pregio di essere semplici, nella loro menzogna, immediate, facili da afferrare per chi non ha tempo di approfondire e pensare.

UHZ ha detto...

...lo dicevo nel titolo che il tentativo era elementare....:D
Sono d'accordo sulla tua aggiunta e si potrebbe parlare anche delle corvee gratuite, ossia tutto il tempo che si perde per spostamenti, code negli uffici pubblici e privati, eccetera eccetera.