"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

19 agosto 2011

Mi permetto una sorta di analisi (Lurtz)

"Al primo tentativo fascista deve seguire una rapida, secca spietata risposta degli operai e questa risposta deve essere tale che il ricordo ne sia tramandato fino ai pronipoti dei signori capitalisti"(A. Gramsci)


Premettendo che, pur rifiutando questa impostazione, non posso negare di aver subito un'influenza di tipo deterministico. In base a questo, ritengo che oggi i lavoratori abbiano qualcosa da perdere rispetto ai proletari nullatenenti di Marx e, perciò, non credo che siano tempi maturi per parlare di "rivoluzione".
Detto questo, se il compito dei comunisti si riducesse ad essere quello di attendere la "fine del mondo (capitalistico)", non avrebbe senso l'esistenza di partiti, di lotte, eccetera. Ed è qui che entra in gioco la dialettica, che, per me, sovrasta la visione deterministica.
Perchè la realtà è sì un qualcosa di oggettivo, ma non è mai un oggettivo eterno, cristallizzato, bensì in continuo movimento. Se fosse altrimenti, le condizioni di vita del proletariato sarebbero le stesse di cento anni fa. Invece la realtà ci mostra una situazione ben diversa.
Eviterò di descrivere la storia del movimento operaio, non mi pare ve ne sia la necessità. Se volessimo fare i puristi (scioccamente, aggiungerei), diremmo che il proletariato del Ventunesimo secolo è formato solo da immigrati extracomunitari. Ma invece, dato che siamo dialettici, diremo che oggi anche gli impiegati, o comunque la maggior parte di essi e, probabilmente, insieme a "partite iva" e micro bottegai, sono da considerarsi proletariato.
Bene, abbiamo visto che, in modo molto semplicistico, le situazioni mutano e conseguentemente dovranno mutare gli approcci alle questioni. Perché se determinate divisioni si assottigliano, anzi scompaiono, le rivendicazioni particolari mutano a loro volta. Ovvero, in parole povere, vi è la necessità di lottare su diversi fronti che però rimandano ad un preciso obiettivo generale: l'abbattimento della società capitalistica.
La proletizzazione dei ceti medi che si sta verificando in Europa è una necessità (ciclica) del sistema capitalistico, e la crisi in corso è il metodo per adempiere a tale scopo ("Crisi= soluzione", attenzione a non confondersi con "Crisi=Problema", in caso contrario perché continuare a sostenere un modello perdente?).
Questo dovrebbe far capire che la lotta contro il capitalismo non può essere che anzitutto contro l'imperialismo, statunitense in primo luogo e poi gli altri a seguire. Perché è laggiù che vengono stabilite le regole a cui sottostare, e perché il capitale finanziario americano si regge (anche) succhiando grandemente in Occidente.
Per via di una inesistente politica unitaria europea, i problemi si riversano inevitabilmente sui singoli stati. La conseguenza è la comparsa di manovre-soluzioni a dir poco folli.

A questo punto, viene da domandarsi: e adesso, cosa facciamo?
Molte proposte sono in corso di sviluppo, e tra queste, quella che pare stia prendendo più corpo, è quella di Rifondazione Comunista, ossia quella che si riferisce alla Patrimoniale (Cfr. dichiarazione Ferrero).
Indubbiamente un buon inizio, ,ma la mia impressione è che sia un demagogico tentativo di correzione. Insomma, per essere brutali, è, a mio parere, una proposta di tipo socialdemocratico. Come si può chiedere a un governo (e quando parlo di "governo" includo anche la cosiddetta "opposizione"), che mira a mantenere intatti i privilegi della grande borghesia, di tassare proprio quello che questi vogliono proteggere?
Io non ho soluzioni, mi faccio delle domande e spero di trovare risposte. In questa direzione, vedo che il partito comunista greco (KKE) fa una proposta che mi pare sia quella più utile: uscire dall'Unione Europea. Uscire, ovvero, dalla zona di sottomissione imperiale.
Ritengo, però, che la sola Grecia non sia in grado di accollarsi un onere simile. Penso anche che però, se tale volontà fosse avallata da tutti quegli stati denominati (insolentemente!) PIGS: Portogallo, Irlanda, Grecia, Spagna. la cosa desterebbe, da un lato, forti preoccupazioni e, dall'altro, magari un ripensamento anche da parte di altri, come l'Italia ad esempio.
Cosa non semplice nemmeno questa, ma allora cosa fare?
Oggi come oggi, avere come obiettivo primario quello di rientrare in parlamento non può che essere definito velleitario, a meno di non stringere alleanze (con posizione di sfavore, ovviamente) con PD e similastri. Ossia con gli stessi soggetti che hanno cacciato i comunisti dal parlamento e, tra le altre varie oscenità, gli stessi che hanno "creato" e divulgato il precariato.
Alcuni fessacchiotti, addirittura evocano "rivoluzioni" (improbabili!), ma è evidente che o non sanno di cosa parlano o hanno una percezione della realtà completamente distorta.
L'unica soluzione a breve, a mio parere, sta nel riorganizzare le forze in campo.
Accantonare (momentaneamente) determinati annosi attriti e lavorare tutti insieme per manifestazioni di piazza serie, dure, massicce. Ricostituire un servizio d'ordine che impedisca l'infiltrazione di provocatori; cacciare a pedate gli "sfasciatori di vetrine"; portare nelle piazze i lavoratori (tutti!); fare in modo che si evitino "passerelle" di leaders; imporre ai governi, alle finte opposizioni e a tutti quelli che lavorano contro, il volere del popolo, se necessario anche con la forza ma mai col modo del teppista da stadio (cfr. "sfasciatori di vetrine"). Lasciare da parte per un momento le icone dei grandi marxisti, quando vengono "tirati fuori dal cilindro" solo per intralciare le collaborazioni. Arrivare a pensare seriamente alla formazione di un nucleo "misto" da portare in parlamento, così da non dover sottostare ai ricatti degli anticomunisti di sinistra.
Contemporaneamente, guidare e accompagnare le manifestazioni coi compagni greci, portoghesi, spagnoli, eccetera.
Perché una domanda aleggia: dove sono finiti i comunisti? Non se ne parla, esistono ancora?
Dobbiamo riappropriarci del nostro ruolo storico. 

Basta sentir parlare di NoTav, popolo Viola, Fiom. Ricominciamo a far parlare di comunisti che "guidano", non che si accodano a NoTav, Fiom, eccetera. Si lascino perdere le zuffe su chi è più e chi meno presente. Insomma, diciamocelo chiaro, si deve fare in modo che i lavoratori quando pensano al partito comunista o ai comunisti in generale non abbiamo come riferimento un Ferrero, un Ferrando, un Diliberto, un Rizzo, eccetera. Ai lavoratori non interessa cosa sia e a cosa serva il centralismo democratico, ad esempio; essi vogliono poter contare su un gruppo organizzato, e non aspettare l' "umore" del capo.
Oggi c'è bisogno di unità. Solo questo conta in questo momento, il resto è impedimento!
Non sottovalutiamo questo fatto, è l'unione che fa la forza. Gli interessi personali non ci appartengono, e chi li persegue deve essere cacciato a pedate.
Chi scrive non è nessuno, non conta nulla. La sua speranza è di invogliare alla riflessione sulla necessità di abbandonare il miraggio del cadreghino e concentrarsi sulla realtà, egli non ha preferenze per questo o per quello. Il suo unico interesse è vedere una forza comunista compatta che non si perda in fesserie e che risponda colpo su colpo al nemico di classe.
Mi si permetta la trivialità, ma i lavoratori si sono rotti i coglioni di sentir parlare di cose che non li riguardano, ed è perciò che si spostano sempre più a destra. L'occasione di riportarli sui "nostri" binari c'è, ma bisogna saperla cogliere.

6 commenti:

Mariano Orrù ha detto...

Hasta Compagno(iniziamo anche a riprenderci il linguaggio ...nostro !), in linea di massima trovo la tua analisi condivisibile.
Navigando in rete sui vari network, molti sono quelli che prospettano un unione di tutti i Comunisti. Tutto pero' mantenuto su, da un discorso molto generico e pasticciato, segno che la volonta' di lanciarsi non manca, ma manca l'elemento secondo me essenziale e cioe' la determinazione oltre a quella di vederci tutti uniti, di dire ai quattro dirigenti esistenti(l'elenco l'hai già fatto tu) dei vari Partiti, a farsi da parte riconoscendo i guai prodotti finora e di non essere in grado di trovare soluzioni che ci vedano seduti allo stesso tavolo. (sinceramente ? personalmente non so come farei io stesso a stare seduto vicino ad uno Stalinista), ma ritengo come esigenza primaria, quella di far capire alle masse che, prima si cambia sistema e meglio e' per tutti. Come? E qui dovrebbe cascare l'asino secondo il parere di molti.... Come nella fine del Medio Evo si riscoprirono i classici per poi dare vita all'illuminismo ed a un cambiamento di tutta l'umanita', NOI...potremo riscoprire i padri fondatori del Comunismo e chi dopo loro, mise in pratica o perlomeno tento' di creare una societa' Socialista (lasciando volutamente da parte gli errori o gli orrori che poi ne seguirono), riprendendo dal decennio Leninista, che come nei grandi Classici ci ritroveremo l'attualita' di pensiero, invece che a secoli di distanza a soli ottanta anni. Li si trova la chiave di tutto , dal pensiero filosofico all'attuazione stessa di esso. Tutto cosi' facile? Certo che no! Ma, unica strada percorribile prima di finire o defluire, nella cloaca massima.

Simone ha detto...

Dico la verità, sottolineando la paternità comunista che auspichi per la ripresa della lotta sociale, preambolo della rivoluzione, hai segnato un passo indietro nelle nostre relazioni diplomatiche...

Tornando seri, sai che io nasco da un'area politica diversa, vengo dal fascismo di sinistra che non è opposto al socialismo, ma al contrario lo include. Tuttavia ho da anni abbandonato quella posizione ritenendola non sbagliata ma semplicemente morta, superata.
E' chiaro che i motivi che un tempo provocarono la discesa in campo dei marxisti oggi sono attuali più che mai - del resto anche nel commoento al tuo penultimo post ho espresso la mia condivsione per buona parte del pensiero di Marx, per quanto poco lo conosca - ma la risposta non credo debba essere il comunismo stesso, il fascismo o un capitalismo etico (orribile ossimoro).

Credo invece che i problemi siano i medesimi ma il contesto che li ha generati è diverso, pertanto anche la nostra risposta, per quanto rivoluzionaria, deve essere originale.
Oggi abbiamo un mondo sovraindustrializzato, sovrafinanziarizzato, sovrasviluppato nella parte ricca e sottosviluppato in quella povera, sovraglobalizzato.
La nostra risposta, a mio avviso, non può che comprendere una riduzione della produzione industriale, l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione, una riscoperta della dimensione nazionale e di un'autosufficienza economica quanto più ampia possibile da parte di ciascun paese e non so quanto il comunismo possa offrire da un punto di vista programmatico su alcuni di questi punti.

Ad ogni modo, Hasta la Revolucion!

UHZ ha detto...

Vi prego di scusarmi, quanto prima dedicherò ai vostri commenti l'attenzione che meritano. Grazie.
Lurtz S.

UHZ ha detto...

@Caneliberonline: sono d'accordo completamente.....a metà!
Anzitutto, oggi parlare di "massa" equivale a fare un passo indietro. Nel senso che oggi la "massa" a cui ti riferisci non esiste (più), ed ecco il perché di tanti errori. La "platea" oggi è una "massa" (sempre tra virgolette, onde evitare fraintendimenti) di individui. Punto primo: fare i conti con l'individualismo.
Sul secondo punto ("padri fondatori"), sono d'accordo a patto che non si scambi il riferimento dialettico ad essi con la lettura o la citazione in stile Bibbia.
Quello che serve, come il pane, è soprattutto una ristrutturazione teorica dell'impianto marxista. Buttare via quello che non serve, conservare l'utile, e con questo strutturare un nuovo (e moderno) impianto.

@Simone: proprio da un punto di vista anti-postmodernista (ma non modernista) rivendico il mio essere comunista, non lo ho mai negato. Altra cosa è quello che autori come Preve definiscono il "comunismo storico novecentesco", da cui non prendo le distanze, come in un certo senso fa Preve, ma lo sottopongo a critica.
Ad oggi, a mio parere, la teoria marx-engelsiana non è superata, anzi. Quello che invece ritengo mostri segni di cedimento è il marxismo (ma, come dicevo in precedenza, non tutto è da buttare).
Sono d'accordo con te sull'originalità della risposta da dare e sono d'accordo con le questioni che elenchi. Riguardo alla decrescita, vedo la questione in modo dialettico. Ovvero non sono favorevole ad una società che sovrapproduce e che nel farlo spreca, distrugge e schiavizza; sono invece favorevole ad una società che produce nel rispetto della natura, e quindi dell'Uomo, e che contribuisce all'arricchimento della totalità degli esseri umani.
(...comunque, sulle "nostre relazioni diplomatiche", ci sono rimasto male...;)...)

Mariano Orrù ha detto...

Il riferimento ai classici non e' casuale....Prego leggere meglio, e soprattutto se si vuole fare a tutti i costi i primi della classe ...attenti a non prendere cantonate!

UHZ ha detto...

E cosa vorresti dire con questo?
"Primi della classe"?
Ma che stai dicendo, a cosa ti riferisci? Dov'è il problema?
Cantonate?
O ti spieghi o eviti di fare certi commenti fuori luogo!