"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

13 novembre 2010

La storia dell'uguale più uguale dell'altro (di Lurtz)

Questa volta un post "anomalo", ma solo perché lo spunto, da cui traggo alcune conclusioni, mi viene dalla seguente "letterina", letta nella rubrica "Per posta" di Michele Serra sull'ultimo numero de "Il Venerdì" di Repubblica.
Scrive la signora L.C.G. di Milano: «Premetto che sono una affezionata lettrice del vostro magazine che dà un'ampia panoramica su diversissime problematiche e situazioni. E' veramente un giornale intelligente ed occorrerebbero tanti altri aggettivi per dire ciò che rappresentate, ma che non sto ad elencare, in quanto penso che siate consapevoli della vostra bravura. Mi permetto di dirvi però che non avete rispettato la "differenza sessuale" descrivendo la fotografia di una bambina, l'attrice Shirley Temple, definendola "bambino prodigio". Non potevate mettere "bambina prodigio"? Non esiste dunque un prodigio al femminile? E' come quando si scrive o si dice il ministro tal dei tali e poi si scopre che è una Maria, Giuseppine o Teresa. Forse sarebbe il tempo di usare i titoli al femminile. Buon lavoro e buone vendite. Con i miei migliori saluti.»

Invito i lettori di questa "letterina" a trattenere le lacrime che avrà suscitato la risata, perché nonostante l'apparenza, la questione che la solerte (...ma, senza offesa, anche un po' fancazzista, digiamolo....) lettrice pone è attualissima e richiede attenzione (tra l'altro, quella che l'educato signor Serra non le riserva!)

(Mi scuso in anticipo per la brevità e la sommarietà con cui tratterò l'argomento, ma la maniera comunicativa internettiana non permette approfondimenti troppo lunghi.....)

Ritenendomi comunista, non posso che criticare e avversare questa branca, della religione laica del Ventesimo Secolo (la postmodernità), meglio nota come Differenzialismo.
Nell'ottica postmoderna, appunto, la questione della "differenza", sessuale soprattutto ma non solo, svolge una funzione di primo piano in quanto primo tratto distintivo dell'individuo della società iper-individualista.
L'insieme delle peculiarità proprie di ogni singolo individuo, ovvero le caratteristiche che determinano biologicamente e psicologicamente la singolarità appunto della persona all'interno del gruppo umano, nella concezione differenzialista assumono, ognuna, un'importanza propria rispetto ad ognuna delle altre, trasformando l'essere umano, la persona, da "involucro" dell'insieme a "contenitore" delle singole peculiarità.
Per meglio intenderci, un Mario Rossi non sarà più Mario Rossi, uomo, bruno, carnagione chiara, settentrionale, miope, eterosessuale, geometra, sposato, quarantenne. Ma diventerà Mario Rossi maschio, Mario Rossi bruno, Mario Rossi bianco, Mario Rossi lombardo, Mario Rossi cremonese, Mario Rossi settentrionale, Mario Rossi miope, Mario Rossi eterosessuale, eccetera eccetera all'infinito. E, in ogni sua singola caratteristica peculiare, rientrerà in una propria categoria d'appartenenza.
Tutto ciò, a mio parere, non ha nulla a che vedere con la, giusta, richiesta di individuazione, nella totalità, della singolarità dell'individuo.
Questo modo di procedere segue perfettamente i principi della società capitalistica, al cui interno esiste una forma di eguagliamento e una forma di differenziazione. Per cui si è, tutti, consumatori e produttori, ma si è anche produttori di merci specifiche e singole e quindi consumatori di merci specifiche e singole. Ognuno con richieste e necessità proprie e particolari.
In questo modo gli esseri umani stessi sono ridotti a merci e sentono quindi il bisogno di differenziarsi dalle altre merci umane.
Ma qui, come suggerisce il proverbio, casca l'asino.
Perché in una società che spinge verso la globalizzazione dei consumi, differenziarsi equivale a omologarsi.

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