"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

8 maggio 2010

Sul "mito" della democrazia



«Il dialettico Engels nel declino dei suoi giorni rimane fedele alla dialettica. Marx ed io, egli dice, avevamo per il partito un nome eccellente, scientificamente esatto, ma allora non c'era un vero partito, cioè un partito proletario di massa. Ora esiste un vero partito, ma la sua denominazione è scientificamente inesatta. Non importa, essa "può andare" purchè il partito si sviluppi, purchè l'inesattezza scientifica del suo nome non gli sfugga e non gli impedisca di svilupparsi in una giusta direzione!
Qualche burlone potrebbe forse venirci a consolare, noi bolscevichi, alla maniera di Engels: noi abbiamo un vero partito; esso si sviluppa nel migliore dei modi: dunque il nome assurdo e barbaro di "bolscevico", che non esprime assolutamente nulla se non il fatto puramente accidentale che al Congresso di Bruxelles-Londra del 1905 avemmo la maggioranza, può anch'esso "andare"..... Forse, ora che le persecuzioni del nostro partito da parte dei repubblicani e della democrazia piccolo-borghese "rivoluzionaria" nel luglio-agosto 1917, hanno reso così popolare, così onorevole il titolo di bolscevico e hanno inoltre confermato l'immenso progresso storico del nostro partito nel corso del suo sviluppo reale, io stesso esiterei forse a proporre, come in aprile, di cambiare il nome del nostro partito. Proporrei forse ai compagni un "compromesso": chiamarci Partito Comunista, conservando, fra parentesi, la parola "bolscevico".»

«Ma la questione del nome del partito è infinitamente meno importante di quella dell'atteggiamento del proletariato rivoluzionario verso lo Stato.
Discutendo sullo Stato si cade abitualmente nell'errore contro il quale Engels mette qui in guardia e che noi abbiamo già prima segnalato di sfuggita: si dimentica cioè che la soppressione dello Stato è anche la soppressione della democrazia, e che l'estinzione dello Stato è l'estinzione della democrazia.
A prima vista questa affermazione pare del tutto strana e incomprensibile: alcuni potrebbero forse persino temere che noi auspichiamo l'avvento di un ordinamento sociale in cui non verrebbe osservato il principio della sottomissione della minoranza alla maggioranza; perchè in definitiva che cos'è la democrazia se non il riconoscimento di questo principio?
No! La democrazia non si identifica con la sottomissione della minoranza alla maggioranza. La democrazia è uno Stato che riconosce la sottomissione della minoranza alla maggioranza, cioè l'organizzazione della violenza sistematicamente esercitata da una classe contro un'altra, da una parte della popolazione contro l'altra.
Noi ci assegnamo come scopo finale la soppressione dello Stato, cioè di ogni violenza organizzata e sistematica, di ogni violenza esercitata contro gli uomini in generale. Noi non auspichiamo l'avvento di un ordinamento sociale in cui venga osservato il principio della sottomissione della minoranza alla maggioranza. Ma, aspirando al socialismo, noi abbiamo la convinzione che esso si trasformerà in comunismo, e che scomparirà quindi ogni necessità di ricorrere in generale alla violenza contro gli uomini, alla sottomissione di un uomo a un altro, di una parte della popolazione a un'altra, perchè gli uomini si abitueranno a osservare le condizioni elementari della convivenza sociale, senza violenza e senza sottomissione.»

(Vladimir Il'ič Ul'janov, Lenin: Stato e rivoluzione, 1917. Editori Riuniti, Roma 1966, pagg.154-156)

1 commento:

Simone ha detto...

mmm... . l'obiettivo indicato nelle ultime righe di questo estratto è condivisibile. Io credo tuttavia che esso sia più facilmente raggiungibile e mantenibile proprio fermandosi alla prima parte, il socialismo, che invece Lenin vorrebbe superare fino a giungere al comunismo. Il socialismo infatti, nella sua declinazione localista e comunitaria, è la partecipazione diretta della popolazione tutta alla gestione comune dei mezzi di produzione, cosa da coniugarsi poi con nuove forme di autogoverno.
Questa, a mio avviso, è la strada per abbattere la [a]democrazia occidentale che è invece, oltre che una bufala se esaminata da un'ottica antisistema, la violenza della maggioranza sulla minoranza in chiave intrasistema.