"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

5 gennaio 2010

La questione salariale, la vera urgenza del nostro Paese (di Marco)




Anche quest’anno l’OCSE (non l'Internazionale socialista...) ha pubblicato i dati sui livelli dei salari, e la situazione continua drammaticamente a peggiorare; una conferma che il problema prioritario nel nostro Paese (la vera “riforma”), direi una drammatica urgenza sociale, è la QUESTIONE SALARIALE. E parliamo di salari lordi di quella che definiamo la CLASSE LAVORATRICE (impiegati e operai), a dimostrazione che i salari sono bassi non solo perché è alta la pressione fiscale. Alcuni dati:
- I salari lordi medi in Italia sono pù bassi del 32,3% della media dell’Europa a quindici.
- I salari lordi medi in Italia sono pù bassi del 16% della media dei trenta paesi OCSE.
- Tra il 1988 e il 2006 il valore degli stipendi medi italiani rispetto al PIL è diminuito del 13%, a vantaggio dei profitti e delle rendite; decine di miliardi di euro l'anno che sono andati ad altre classi sociali, quelle che hanno vinto (perché la sanno fare molto bene) la lotta di classe dell’ultimo ventennio.
- I salari reali (sempre tra il 1988 e il 2006 ) sono crollati del 16%, il valore più elevato tra gli undici paesi più industrializzati del mondo.
- Lo schiacciamento avviene verso il basso, in linea con i classici effetti delle politiche neoliberiste, che annichiliscono il riconoscimento delle professionalità; tale tendenza è confermata dal fatto che il differenziale di stipendio (tra il 1994 e il 2004) tra un lavoratore laureato e uno con il diploma di scuola dell’obbligo e diminuito del 6,2% e del 5% rispetto ai diplomati di scuola secondaria superiore. Ciò a conferma che una laurea non garantisce affatto salari dignitosi, in un contesto produttivo che deprime la manodopera più qualificata.
- La catastrofe del lavoro femminile: a parità di livello di istruzione con gli uomini, le lavoratrici italiane sono quelle che guadagnano meno di tutte rispetto agli altri paesi industrializzati del mondo (in media il 50% in meno).
Questo il risultato conseguente a più che decennali “riforme” del mercato del lavoro (e della sua precarietà), alle politiche del ventennio del berlusconismo liberista, della “rivoluzione liberale” dalemiana, dei moderatismi ulivisti e delle concertazioni, del primato della competitivà, della concorrenza e del cosiddetto mercato. Con il corollario di riforme del sistema previdenziale fondate, non sui bilanci effettivi dell'Inps o sull'andamento reale del rapporto tra attivi e inattivi ma sull'accusa di ostinarsi a vivere più a lungo, che comporteranno tra qualche decennio per la classe lavoratrice di oggi, pensioni da poveri.
E, come ha scritto recentemente Luciano Gallino, se oggi un politico di sinistra dicesse "che le classi sociali non esistono più, suggeritegli cortesemente di cambiare mestiere" (La Repubblica, 24 novembre 2009).
http://www.corriere.it/economia/10_gennaio_04/redditi_6f4e8b70-f903-11de-9441-00144f02aabe.shtml

1 commento:

Simone ha detto...

Nel mio settore - vigilanza privata - il salario medio è molto basso, al mio livello 1.139 euro lordi al mese... fate voi.
In Francia lo stipendio dei nostri omologhi è stato aumentato di 400 € mensili lorde, in Italia si tratta per 18 euro lorde da raggiungersi in tre anni (Cisl e Uil sono pronte a firmare questo scempio, la Cgil per fortuna no).

I salari sono bassi in senso assoluto e in senso relativo, non c'è storia, ed è ora di intervenire a livello statale. Una volta si parlava di "prezzo politico" oggi si deve IMPORRE il "salario politico", ossia lo stato comanda che sotto un certo limite non si va. Anche perché in alcuni campi i sindacati sono deboli (come appunto la vigilanza) e i lavoratori interessati non hanno mezzi per rivendcare di più.