"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

12 gennaio 2010

Interpretazioni: destra e sinistra.




«L'effetto ultimo della censura è in fondo quello di confondere la destra con la sinistra.

Nel 1766 Kant scrisse a Moses Mendelssohn: "Io penso con la più ferma convinzione e con la più grande soddisfazione molte cose che non avrò mai il coraggio di dire, ma giammai dirò qualcosa che non penso". Siamo nella Prussia di Federico II, despota illuminato e amico degli intellettuali, ma già allora Kant si autocensurava anche se non nel modo in cui sarà costretto, dopo la morte di Federico II, quando le inquietudini suscitate dalla Rivoluzione francese pervasero anche la Prussia, non consentendo più a Kant, come egli stesso scrive: "Di far conoscere per intero i suoi principi".
Ad analoga autocensura si sottopose Hegel il quale però, a differenza di Kant, invece di tacere su ciò che non era opportuno dire, modificò il modo di esprimere quanto andava pensando, dando l'immagine di un conservatore convinto, quando invece, nelle sue lezioni, formulava ben altri giudizi. A documentare, testi alla mano, queste differenze è uno studio di Domenico Losurdo: Hegel e la libertà dei moderni (1992) che si apre con un confronto puntuale e preciso tra il testo acroamatico e il testo a stampa della Filosofia del diritto, dove, più sistematicamente che altrove, Hegel espone la sua concezione dello Stato, della società civile, della famiglia e della proprietà.

Così ad esempio, nel testo acroamatico, leggiamo: "L'uomo che muore di fame ha il diritto assoluto di violare la proprietà di un altro; egli viola la proprietà di un altro solo in un contenuto limitato. Nel diritto del bisogno estremo (Notrecht) è inteso che non violi il diritto dell'altro in quanto diritto: l'interesse si rivolge solo a questo pezzettino di pane; egli non tratta l'altro come persona priva di diritti". Nel testo a stampa scompare la figura dell'affamato in senso stretto, e solo allusivamente si accenna al fatto che il diritto del bisogno estremo può entrare "in collisione con la proprietà giuridica di un altro", mentre a proposito del diritto dell'indigente di ledere questo diritto, si tace del tutto.
Di questa autocensura, che in molti casi diventa vero e proprio capovolgimento del proprio pensiero, ci sono numerosi esempi. Così la "cupidigia" delle classi dominanti e del clero inglese, impegnati a opprimere il popolo irlandese, diventa "egoismo", un'espressione che fa sparire lo spessore politico del passo per diluirlo nei toni della predica morale. Allo stesso modo l' "aridità" dei principi dell'ordinamento politico e sociale inglese diviene "scarsa profondità", l' "assurdità" diviene "anomalia", mentre la "depravazione", che riguarda sia i soggetti attivi che quelli passivi della corruzione, diventa ancora una volta "egoismo".
Sempre sul tema, Domenico Losurdo riferisce, nel suo puntiglioso confronto dei testi, un esempio gustoso: "Il manoscritto denuncia la piaga delle decime ecclesiastiche in Inghilterra che serve ad alimentare la vita parassitaria e dissoluta di un clero inamovibile nonostante la gravità degli scandali in cui spesso finisce coinvolto: riesce a conservare il suo posto e la sua prebenda persino un prete che andava 'in giro per le strade e sui ponti della sua città con sotto braccio, una per parte, due puttane di un pubblico bordello'; bene, la gazzetta di Stato si limita a riferire che il prete andava in 'compagnia del tutto sconveniente'. E così i 'particolari' impietosamente riferiti da Hegel, dei singolari 'rapporti' di questo prete 'con sua moglie, e con un amante di costei, che viveva in casa sua', diventano i particolari del 'rapporto domestico dell'uomo' in questione".
Se Hegel non poteva esprimersi liberamente al punto che K.H. Ilting nel suo Hegel diverso (1977) propone di considerare inautentico e spurio il testo a stampa della Filosofia del diritto di Hegel tanto caro a chi ha costruito l'immagine di un Hegel conservatore e chiaramente di destra, di Hegel possiamo dire quel che Marx lamentava in una lettera a Ruge: "E' un guaio dover assumere, sia pure per la causa della libertà, un atteggiamento servile, combattendo con punture di spillo piuttosto che a colpi di mazza".
Domenico Losurdo, pur disponendo, grazie al confronto dei testi, di molte prove a favore della sua tesi che vede in Hegel il primo grande filosofo di quel pensiero che diventerà poi il pensiero della sinistra, non si appoggia per documentare la sua tesi al lavoro dei filologi, ma, con l'intelligenza del filosofo che, anche senza "colpi di mazza" sa leggere quel che lasciano intendere anche "le punture di spillo", sta ai testi a stampa e, partendo da qui, ricostruisce un Hegel che non indossa più i panni con cui la tradizione di destra l'ha rivestito da capo a piedi.
In Hegel convivono e trovano la loro mediazione dialettica due grandi affermazioni che la Rivoluzione francese aveva diffuso in Europa: 1) l'universalità dell'uomo e la lettura della storia come progressiva acquisizione di questo concetto; 2) il rapporto tra politica ed economia, per cui l'indigenza materiale, spinta all'estremo, comporta, sono parole di Hegel: "la totale mancanza di diritti dell'indigente" le cui espressioni rivoluzionarie non sono giudicate, come da Tocqueville, un' "intossicazione" o un "virus", ma con una comprensione e una simpatia estranee ai liberali francesi, sia ai whigs inglesi. A differenza di questi ultimi, Hegel infatti non teorizza solo la "libertà negativa" o, come lui la chiama "diritto negativo", ma anche il "diritto positivo che è diritto materiale e diritto alla vita".
Se lo Stato è incarnazione del diritto, allo Stato Hegel non chiede solo quel diritto di libertà che è la semplice non interferenza del potere politico nella sfera privata, quasi che lo Stato debba essere solo il "guardiano notturno" delle proprietà private. In nome del principio dell'universalità dell'uomo, per Hegel lo Stato deve garantire anche agli uomini che la storia ha relegato nella schiavitù, diritti inalienabili e imprescrittibili. Per questo Hegel mette in discussione le tranquille certezze di Adam Smith che continua a chiamare "libero" un governo che sancisce la schiavitù e la servitù della gleba, e "dispotico" un governo che le sopprime scontrandosi con la resistenza degli organismi rappresentativi dominati dai ceti privilegiati.
Se la libertà negativa non può sciogliersi da quella positiva, e, se più ampiamente, l'idea di libertà non può sciogliersi, come aveva intuito la Rivoluzione francese, da quella di uguaglianza, dove l'uguaglianza non è garantita solo dal diritto, ma anche dalle premesse economiche, Engels e Marx, conclude Domenico Losurdo, nel loro rifarsi a Hegel, non hanno inventato "un Hegel esoterico da contrapporre a quello essoterico perché sin dall'inizio hanno conquistato la consapevolezza che il pensiero di Hegel, nonostante i limiti del 'sistema' (riconducibili alla 'miseria tedesca'), andava ben al di là delle posizioni di coloro che Engels, nel prendere le difese dell'autore della Filosofia del diritto dagli attacchi di Haym, definisce come i 'liberali gretti'.
La ricostruzione storico-teorica di Losurdo sottrae Hegel all'ingessatura storica costruita ad arte dalla tradizione liberale e neo-liberale, per riscoprire il nostro filosofo nell'arena della storia i cui conflitti reali non possono non coinvolgere le intelligenze attente alle contraddizioni del reale in vista della loro soluzione. In fondo, da Platone a Hegel, questo è stato uno dei modi eminenti del far "filosofia".» .
(Umberto Galimberti: "Parole Nomadi", Censura - pgg. da 34 a 37; Feltrinelli 2006)

{A cura di Lurtz, membro}

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