"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

28 maggio 2009

Brescia, 28 Maggio 1974

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In piazza della Loggia "una bomba nascosta in un cestino portarifiuti fu fatta esplodere mentre era in corso una manifestazione contro il terrorismo e il fascismo indetta dai sindacati e dal Comitato antifascista.






L'attentato provocò la morte di 8 persone e il ferimento di altre 94".
Dal discorso di Franco Castrezzati: "La nostra Costituzione, voi lo sapete, vieta la riorganizzazione sotto qualsiasi forma del disciolto partito fascista. Eppure il Movimento Sociale Italiano vive e vegeta. Almirante che con i suoi lugubri proclami in difesa degli ideali nefasti della Repubblica Sociale Italiana ordiva fucilazioni e ordiva spietate repressioni. Oggi ha la possibilità di presentarsi sui teleschermi come capo di un partito che è difficile collocare nell'arco antifascista e perciò costituzionale...."

E poi la carneficina:
Giulietta Banzi Bazoli, 32 anni
Livia Bottardi Milani, 32 anni
Clementina Calzari Trebeschi, 32 anni
Alberto Trebeschi, 35 anni
Euplo Natali, 69 anni
Luigi Pinto, 25 anni
Bartolomeo Talenti, 55 anni
Vittorio Zambarda, 60 anni
Più altri 94 feriti.
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23 maggio 2009

Macomer (NU) "Lettera dalla Guantanamo italiana: gli abusi contro i prigionieri islamici"

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Condiviso tramite "Movimento Paraculo" di Sytry82


Questa è la lettera di sei detenuti islamici a Macomer (Nu) in Sardegna, trasmessa per la prima volta su facebook da Roberto Di Nunzio.
Chi vuole può copiare integralmente questo post e pubblicarlo nel suo blog. Con la speranza che serva.


"Tanti saluti a voi, spero che la mia modesta lettera troverà tutti voi in buona salute. Vogliamo raccontare alla associazione gli abusi di potere contro i prigionieri islamici che si verificano al carcere di Macomer (Nu) – una piccola Guantanamo nell’isola di Sardegna. Però adesso i prigionieri di Guantanamo stanno meglio di noi che siamo chiusi in questo lager..."
20 Maggio 2009 "Il 4 aprile 2009 sono stato trasferito, con il mio amico Ilhami Rachid, dal carcere di Carinola (Caserta). Quando siamo arrivati in questo carcere, sin dal momento in cui siamo scesi dal blindato, le guardie ci hanno trattato male. A noi, ancora con le manette ai polsi, hanno detto di prendere i nostri sacchi e altra roba. Ho detto alle guardie che con le manette non riuscivo a prendere tutto, in risposta mi hanno messo di forza il sacco sulle spalle trascinato in matricola attorniato da 6 guardie. Il mio amico Rachid si è fermato per chiedere alle guardie il perché di questo trattamento."

"La risposta è stata l’aggressione: hanno cominciato a picchiarlo con colpi di pugno sul collo e alla testa; non mi hanno permesso di aiutarlo: hanno trascinato anche lui in matricola con lo stesso nugolo di guardie. Nella perquisizione che ne è seguita loro non hanno rispettato il Corano. In Italia ho già girato sei carceri, mai ho visto un trattamento come questo. Dopo la perquisizione ci hanno portati nelle celle che si trovano in una sezione uguale al 41 bis: isolamento totale, porta blindata chiusa 24 ore su 24, non vediamo nessun’altro prigioniero, solo guardie; anche il cibo ce lo portano le guardie."
"Ogni volta che usciamo dalla cella veniamo perquisiti palpati, ognuno di noi, da due guardie. Anche i vestiti ce li danno contati, di libri ce ne danno soltanto 5. Al passeggio siamo divisi dagli altri, non possiamo andare con loro, andiamo all’aria solo con quelli della nostra sezione. In questa sezione-lager siamo in 25 prigionieri islamici di diversi paesi del nord Africa."
"L’8 aprile 2009 sono andato a parlare con il comandante, gli ho chiesto il perché di questo regime e del pestaggio contro Rachid. Lui mi ha detto: questo regime resta così fino a quando arriverà un cambiamento dal ministero! Questa storia è una bugia, perché non c’è nessun carcere in Italia in cui chiudono la blindata 24 ore su 24 ore. Sul pestaggio di Rachid ha detto: “noi non abbiamo picchiato nessuno e quando picchiamo facciamo molto male”. (Questa la democrazia in Italia?). La posta che entra in questo carcere ti viene consegnata dopo 25 giorni, in ogni altro carcere la ricevi non dopo 4 giorni che è stata spedita. La tengono bloccata."
"Il giorno 4 aprile 2009 con i miei amici abbiamo cominciato lo sciopero della fame, lo porteremo avanti fino a quando non cambiano questo regime: o ci danno i nostri diritti o ci trasferiscono da questo lager."
"Il 2 maggio due amici che dovevano chiamare le loro famiglie sono stati provocati dalle guardie. A un nostro amico una guardia ha detto “voi siete di Al-Qaeda e non conoscete le guardie sarde come picchiano” e altre parolacce. Lo stesso giorno un amico voleva passare il fornello ad un altro attraverso il lavorante, uno di noi, la guardia ha detto al lavorante di non farlo intimandogli di andare in cella. Mentre stava ancora parlando con la guardia, questa ha chiuso la blindata in faccia colpendogli il braccio. Abbiamo subito fatto una battitura di 25 minuti. Per tutto questo tempo e quando è arrivata la banda delle guardie hanno detto al nostro amico lavorante che la guardia non aveva visto il suo braccio. La mattina dopo quando è andato a parlare gli ha detto di voler fare una denuncia. Il comandante gli ha risposto: “Se tu fai una denuncia, io faccio una denuncia contro di te e ti chiudo dal lavoro.
"Per davvero ci troviamo davanti ad una banda di “criminali!”. Loro hanno trovato un’isola, nessuno sentirà dei loro abusi di potere, però noi non ci fermeremo mai di scrivere fino a quando tutto il mondo avrà sentito come trattano i prigionieri islamici in Sardegna!"
"Alla spesa non portano il giornale per noi. Hanno la scusa pronta: il trasporto non arriva fino qui.
Cari amici di Yairaiha, noi abbiamo bisogno del vostro aiuto per pubblicare la nostra storia e vi chiediamo di intervenire per cancellare la nostra sofferenza perché noi siamo isolati dall’esterno, inoltre siamo stranieri."
Grazie mille, a presto,

Amine Bouhrama
Ilhami Rachid
Rabie Othman Saied
Mourad Mazi
Habib Mohamed
Hossin Dgamel
Tartag Samir
Khelili Fatah
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18 maggio 2009

Quei "selvaggi" dei lavoratori.

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Tutti scandalizzati adesso fanno la gara tra chi usa i termini più gravi per condannare quel che è accaduto.
Ma cosa è successo?
Sabato a Torino si sono riuniti molti lavoratori degli stabilimenti Fiat di Pomigliano d'Arco e Termini Imerese.
Secondo la "versione ufficiale" (giornali, radio e tv), un gruppetto di "facinorosi" dei Cobas hanno "assaltato" il palco dove erano riuniti i delegati sindacali e "scaraventato" giù Rinaldini della Fiom.
Chi era presente, invece, racconta una versione diversa.
Pare infatti, che la tensione sia salita quando è arrivato il momento di far parlare i rappresentanti dei Cobas, come da accordi stabiliti in precedenza. Prima gli si voleva impedire l'intervento, ed è qui che ci sono stati alcuni spintoni in seguito ai quali Rinaldini è caduto (da sottolineare che il cosiddetto "palco" era in realtà una pedana alta una decina di centimetri!); poi, una volta ristabilita la calma, "qualcuno" ha staccato i fili di microfoni e altoparlanti. Ma chi ha tentato di boicottare non ha raggiunto pienamente lo scopo, infatti i lavoratori non hanno abbandonato la scena e hanno ascoltato il discorso dei Cobas.

"Vergogna", "terroristi", "facinorosi", "teppisti", eccetera, questi alcuni termini usati da politici e sindacalisti per stigmatizzare l'accaduto.
Il fatto rilevante è però che nessuno si è fatto male ma quando i lavoratori decidono di alzare la schiena variando la posizione in cui tutti li vorrebbero (a pecorina, per intendersi!), si trasformano in "selvaggi" che "mettono in cattiva luce tutto il movimento" e che meriterebbero, quindi, solo bastonate.
E' evidente che la politica e il sindacato parlano una lingua diversa da quella dei lavoratori, parlano la lingua del padrone!
Essi vogliono difendere il lavoro, ma non gli interessa dei lavoratori.
Basta con questa storia!
Togliamoci una volta per sempre dalla testa l'idea di "società civile", perchè non ha senso parlare di "civiltà" quando i metodi usati dai padroni sono tutt'altro che "civili".
Dopo il disgustoso accordo siglato dal sindacato americano e accolto con giubilo dai nemici dei lavoratori, in molti propongono simili modalità qui da noi. Nessuno però osa spiegare ai lavoratori che il cosiddetto "modello partecipativo" è una porcata senza eguali, l'unica "partecipazione" che si richiede è di accollarsi le perdite, la delocalizzazione, le chiusure di fabbrica, la cassaintegrazione, i licenziamenti. I profitti no!
A quelli non si "partecipa"!
Mi faceva notare un compagno l'uso del termine "lavoro" (e non "lavoratori"!) nell'articolo 1 della nostra Costituzione, e la necessità, già invocata da Lenin a suo tempo, della trasformazione, in particolari periodi, dei sindacati in "sindacati di classe". Credo sia giunto il momento di ridiscutere seriamente questi punti.
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11 maggio 2009

Alla faccia del "modello partecipativo". (di Lurtz)

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Differentemente da quello che alcuni vorrebbero far intendere, il sindacato americano Uaw e i lavoratori della Chrysler non fanno salti di gioia. Piuttosto fanno buon viso a cattivo gioco, dato che non avevano scelta.
Questo si deduce dall'intervista di Francesco Semprini a Harley Shaiken, docente a Berkeley ed esperto di diritto sindacale, su "La Stampa" del 9 maggio.
Vediamo cosa fa pensare a questo.
Domanda: "Quale sarà il ruolo di Uaw nella nuova Chrysler?"

Risposta: "Anzitutto occorre precisare che la quota del 55% non è di Uaw ma è controllata da Verba, il fondo fiduciario che gestisce i piani di assicurazione sanitaria. Il sindacato svolge attività di sorveglianza e nominerà un consigliere sui nove del Board di Chrysler ma non potrà in alcun modo interferire nella gestione ordinaria".
Beh, direi che questo basta e avanza!
Riassumiamo:
1. la quota di maggioranza (ben il 55%!) non è controllata dal sindacato;
2. la suddetta quota dà "diritto" ad un posto da consigliere sui nove previsti (1 su 9!) ma non dà possibilità di intervenire (curioso che Shaiken usi invece il termine "interferire"...) nella gestione, ovvero la minoranza decide!
Personalmente, definisco tutto ciò una buffonata. Ma, magari il mio è un giudizio avventato. Nel caso, qualcuno vorrebbe spiegarmi da che parte stà la convenienza?
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Libera informazione.....

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9 maggio 2009

Giuseppe Impastato, morto per la libertà. (a cura di Maura)

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Appartiene al tuo sorriso
l'ansia dell'uomo che muore,
al suo sguardo confuso
chiede un pò d'attenzione,
alle sue labbra di rosso corallo
un ingenuo abbandono,
vuol sentire sul petto
il suo respiro affannoso:
è un uomo che muore.
§§§§§
E venne da noi un adolescente
dagli occhi trasparenti
e dalle labra carnose,
alla nostra giovinezza
consunta nel paese e nei bordelli.
Non disse una sola parola
nè fece gesto alcuno:
questo suo silenzio
e questa sua immobilità
hanno aperto una ferita mortale
nella nostra consunta giovinezza.
Nessuno ci vendicherà:
la nostra pena non ha testimoni.






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3 maggio 2009

Rischi di volontà di potenza.....

2 commenti
Prego coloro che, casualmente o volontariamente, transitano in questo blog di spendere alcuni minuti e partecipare ad un gioco.
Leggete le frasi seguenti e provate ad indovinare chi le ha scritte e in quale contesto*:

1. "[...] Ecco il peculiare, nelle rivolte di questi tempi di crisi: sono certo violente - come definire altrimenti una prigionia che esordisce con un cornetto ma non sai come finisce? - e però son presentate addirittura come zen. [...]";
2. "[...] La violenza è edulcorata, ordinaria: proprio così si fa epidemica. [...]";

3. "[...] Il nuovo ribelle esprime risentimento ma anche altre passioni. L’uomo in rivolta di Albert Camus lo descrive come qualcuno che in prima linea invoca riconoscimento: «Non difende solo un bene che non possiede e la cui privazione lo frustra. Chiede che sia riconosciuto qualcosa che possiede, e che per lui è più importante di quel che potrebbe invidiare»: il lavoro, uno statuto riconosciuto nella società. Quel che il ribelle moderno dimentica di Camus è il senso della misura che deve correggere il vitalismo ribellista. In Camus è scritto: «Per esser uomo, bisogna rifiutare di essere Dio»: una frase che suscitò l’ira di Sartre e Breton. Sartre ha oggi di nuovo seguaci, ma chi vede lontano resta pur sempre Camus. [...]".  *

A questo punto possiamo parlare di libertà.....
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