"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

5 novembre 2009

"Cercando un modus convivendi nella nuova Babele"

"Affondate il coltello negli argomenti di cui la gente non vuole sentire parlare.
Il contrario del decoro.
Insistete sulla malattia, l'angoscia, lo squallore.
Parlate della morte e dell'oblìo.
Della gelosia, dell'indifferenza, della frustrazione, dell'assenza di amore.
Siate abietti, e sarete veri." (Michel Houellebecq)

"Universalismi socialmente condivisi o nietzscheana logica dell'ultimo uomo."


"[...] Siamo tutti uguali dinanzi a una morte tanto violenta quanto (per noi) insensata, più che ingiusta. La poco sorprendente conseguenza di questa livida folgorazione del terrore non è stata, per lo più, altro che una conferma della vecchia strategia: trasformazione del terrore in orrore, e dispersione dell'orrore attraverso la combinazione di un nichilismo ludico con una costruzione artificiale xenofila. L'immagine spaventosa dell'Altro viene addolcita sotto la rappresentazione dell'essere sofferente (preferibilmente un bambino o un'anziana). «Adotta un bambino»!, è l'appello che ci incalza. Senso subliminale: così quando crescerà, sarà come uno di noi, o almeno avrà pietà di noi. Non ci ucciderà, come il leone affamato il pingue agnello silenzioso.
Fine dell'arte, inizio della costruzione artificiale dell'Altro, dietro la cui immagine appare l'Altro diverso, il revenant che terrorizza. A tal riguardo, sono state date poche interpretazioni più lucide di quella di Jean Baudrillard, anche prima del fatidico undici settembre:
«Quanto più si è consapevoli che la teoria genetica delle razze sia priva di fondamento, tanto più si rafforza il razzismo; si tratta della costruzione artificiale dell'Altro, la cui base è un'erosione della singolarità delle culture (della loro alterità rispetto alle altre) e di conseguenza del sistema feticista della differenza. Finchè c'è stata alterità, estraneità e relazione duale - eventualmente violenta - non c'è stato razzismo propriamente detto, com'è testimoniato dai documenti antropologici, approssimativamente fino al secolo XVIII. Una volta perduta questa relazione "naturale", si entra in una relazione con un Altro artificiale. Non c'è più nulla nella nostra cultura che ci consenta di sconfiggere il razzismo, giacchè tutto il movimento della nostra cultura è diretto verso una incallita costruzione differenziale dell'Altro e verso un'estrapolazione perpetua del Medesimo attraverso l'altro; cultura artistica del falso altruismo».
La ragione di tanta consentita menzogna è stata già svelata: l'oblìo del dolore suppone la perdita del senso della comunità. Nella società globalizzata, il dolore dell'altro è diventato incomprensibile. Ne è conseguenza l'attuale retorica: trasformare la perdita del senso dell'alterità nell'illusione della tolleranza da un lato; mentre dall'altro si caccia inesorabilmente l'Altro nell'angolo dell'emarginazione e dell'obbrobrio.
Secondo questa desolata conclusione, forse restano ancora nuovi compiti per l'arte? O dovremo dire con un rinnegato, con un antico attivista come Günter Brus, che l'arte è pronta per essere seppellita definitivamente? Forse l'ultima caricatura dell'arte sarà quella in cui, con tratti grossolani e premeditatamente infantili, l' «io autistico» si connette a una macchina eccitante, ma non troppo, mentre intorno a lui girano pallidi fantasmi (fra di essi, la Giustizia). E' la macchina dell'ultimo uomo nietzscheano. Kunst, auf wieder sehen - leb wohl! Data: 2001.
Un universo che procede di pari passo con la propria alienazione, per evitare lo sforzo di contemplare qualcosa che svanisce: il carattere impresentabile, imprevedibile, impensabile dell'Altro? Ascoltiamo di nuovo Baudrillard:
«Di fatto, il limite paradossale dell'alienazione consiste nel prendere se stesso come bersaglio, come oggetto di cura, di desiderio, di sofferenza e di comunicazione. Questo cortocircuito dell'altro inaugura l'èra della trasparenza. La chirurgia estetica diventa universale; quella della faccia e del corpo non è altro che il sintomo di una chiruegia molto più radicale: quella della alterità e del destino».
Già risuonano le trombe della produzione mediatica di sentimentalismi di alterità intentate. Cosa c'è di più commovente delle grida d'aiuto? «Salvate le balene! E' il giorno del Bambino, della Donna, dell'Orgoglio Gay, degli Indiani, di tutto ciò che è emarginato, e che presto integreremo»! Non sia mai che torni lo spettro che noi stessi abbiamo fabbricato coi nostri incubi. Il destino, di cui Baudrillard ha nostalgia, viene così trasformato in lacrimevole melodramma. Etica della pietà (Gli dèi mani di Vattimo, il Gran Compatitore!). Etica umanitaria: l'etica delle false consolazioni. Sostituzione dell'«altro» reale (il musulmano, il sudamericano, il terzomondiale) con l'invenzione di un «altro» utilizzabile e degno di compassione. Retoriche della simulazione: Esercito della Pace, Summit dedicati alla Terra, alla Biodiversità, e chi più ne ha ne metta. Autoconsolazione - in fondo - che permette di moltiplicare all'infinito le forme di vigilanza. Simulazione e ansia. Chiunque (in fondo, io stesso, o tu, lettore) può essere un delinquente, come in quel racconto di Jardiel Poncela, investigato da uno «Sherlock Holmes» riveduto e corretto: è stato commesso un delitto in un castello isolato, e tutti i sospettati moriranno uno dopo l'altro, finchè resterà vivo solo il bravo ispettore il quale - probabilmente da buon lettore di Bacon - procede, vittorioso, ad arrestare se stesso come colpevole dei delitti.
E allora, il giorno in cui una cosa del genere accadrà, non ci sarà certamente più «terrore» nè «fanatismo». Perchè di fronte a «noi» non ci sarà più nessun «voi», e pertanto non ci sarà più assolutamente nulla che potremo chiamare nostro: neppure la morte, prima così «propria». Resterà solo Uno (Uno dei tanti) che si arresterà da solo.
Logica del duello, fine del terrore, fine dell'uomo. Fine."
Tratto da: "Terrore oltre il postmoderno. Per una filosofia del terrorismo", Felix Duque.
Capitolo 5: "Cercando un modus convivendi nella nuova Babele" (da pag. 89 a pag. 94)



Aldilà delle (mie) perplessità nei confronti del pensiero di Jean Baudrillard, è interessante rilevare le "evoluzioni" che la società contemporanea svela.
Sono d'accordo con chi sostiene che esse risultano essere così profonde culturalmente da poter essere definite addirittura antropologiche. Non si tratta più, insomma, della "deviazione" di pochi, bensì dell'assunzione di "nuovi" caratteri.
Si determina così il passaggio, la trasformazione, della sovrastruttura culturale capitalistica, il nichilismo postmodernista, in struttura che vive autonomamente all'interno della struttura stessa; un assorbimento reciproco (che Marx definiva "sussunzione").
Tutto questo è una ulteriore conferma del fatto che i mezzi idonei per affrontare (e superare!) determinate, fondamentali, questioni, grandi marxisti del passato li avevano già offerti, a partire da Josif Stalin. Ma inspiegabilmente, sono state accantonate o addirittura mistificate e buttate nella spazzatura.
(A cura di Lurtz, membro)

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