"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

1 ottobre 2009

Capitalismo post-industriale e società fluida. (di Marco)

Affettività e nuove solidità relazionali.

Da studioso e docente delle strutture organizzative e relazionali d’impresa, mi sono ritrovato a riflettere negli ultimi anni sugli effetti degli impatti delle evoluzioni in atto sulle dinamiche affettive; sulla natura delle relazioni personali e dei rapporti affettivi nella società dei consumi che caratterizza la nostra epoca fluida e incerta. E sull’amore.
Oggi viviamo la società post-industriale frammentata, dove le vite sono costituite da episodi disgiunti tra loro, fluida e senza più corpo (“la società non esiste” nel contesto neoliberista, disse trenta anni fa M. Thatcher), della contemporaneità senza tempo in cui viviamo.
La società senza memoria e schiacciata sul presente (la società dei consumatori e dello scarto), che costruisce trappole identitarie e di appartenenza che hanno travolto i contesti di riferimento stabili che la modernità solida delle macchine aveva strutturato e sviluppato;
quella modernità descritta ottanta anni fa da S. Freud, costruita sulla restrizione delle pulsioni e l’ordine imposto al disordine naturale dell’umanità; il principio di piacere ridotto in funzione del principio di realtà, attraverso lo scambio di parte delle possibilità di felicità per un po’ di sicurezza.
Oggi prevale viceversa l’uniformità spietata del mercato, che il frullatore della globalizzazione capitalistica tutto macina, stracciando il vincolo sociale e solidale.
Dall’individuo moderno che nella società industriale assumeva il ruolo di “approvvigionatore di beni” all’individuo che si è ritrovato nel ruolo di “consumatore di merci”, dove assume il compito indotto dal condizionamento mediatico di collezionista di piaceri o, più precisamente, di cercatore di sensazioni.
Modalità produttive flessibili post-fordiste, generatrici di incertezza e precarietà. E, conseguentemente, ci chiediamo quale sia l’impatto di tale mutamento epocale sulle forme relazionali e sulle dinamiche affettive: l’amore cambia forma e si trasforma, nel venir meno del condividere collettivo, del progettuale a due.
Nel mondo dell’individualismo spinto all’eccesso che caratterizza l’uomo flessibile contemporaneo (R. Sennet), le relazioni d’amore presentano i pro e i contro, oscillando in continuazione tra un dolce sogno ed un orribile incubo, e mai si può sapere quando l’uno trasforma l’altro, in uno scenario di vita liquido-moderno (Z. Bauman), dove le relazioni stesse tendono a rappresentare le più diffuse, acute, sentite e sgradevoli incarnazioni dell’ambivalenza. Restando, proprio per questo, al centro della vita dei singoli e forse scritte nelle prime pagine della loro agenda di vita.
L’amore quindi tende a cambiare forma. Da un lato ogni singolo può esprimere come mai prima d’ora la propria soggettività, oltre i ruoli precedentemente codificati; dall’altro questo spazio può divenire il luogo della radicalizzazione dell’individualismo, poiché è l’unico dove poter dispiegare se stesso e giocarsi la propria libertà.
L’amore come dimensione indispensabile ma nello stesso tempo impossibile, nel cercare nel tu il proprio io e nella relazione non (soltanto) il rapporto profondo con l’altro quanto la possibilità di realizzazione e accrescimento di sé.
E cosa può accadere. In questa nemmeno troppo apparente contraddizione, ecco uomini e donne nelle loro differenze, non coscienti del loro stato, abbandonati a se stessi, che possono sentirsi degli oggetti a perdere, anelanti la sicurezza dell’aggregazione e un aiuto su cui poter contare nel singolo momento del bisogno.
E quindi ansiosi di instaurare relazioni ma al contempo timorosi di restare impigliati in rapporti stabili, per non dire definitivi poiché paventano che tale condizione possa comportare oneri e tensioni che non vogliono né pensano di poter sopportare. E che dunque possa fortemente limitare la loro tanto agognata libertà di avere relazioni altre, in una coazione a ripetere nel segno della passione e del godimento di cose nuove e diverse.
Possibilità che si susseguono ad un ritmo crescente, come per un abitante di Leonia, una delle Città invisibili di Calvino che rifà se stessa ogni mattina; dove le promesse di impegno non hanno senso nel lungo periodo, cercando di mantenere le giuste distanze e lasciando sempre le porte aperte ad altre possibilità che potrebbero essere più soddisfacenti e appaganti.
Oggi le relazioni sono al centro dei desideri, scopo primario, passione. Ma si coglie l’ambivalenza tra la ricerca di relazioni durevoli sotto la preoccupazione di evitare che i loro rapporti si condensino e coagulino nel lungo termine, con superficialità e leggerezza in modo da potersene disfare in qualsiasi momento.
Superato il vincolo del reciproco impegno, tende a divenire preponderante il concetto di rete (con a disposizione i network tecnico-informatici di supporto) dove è possibile con facilità per l’uomo flessibile entrare ed uscire, connettersi e disconnettersi, intervallando momenti di contatto a periodi di libera navigazione. Dove quindi le connessioni (ovvero relazioni virtuali, facili da instaurare ed altrettanto da troncare, uscendone il più possibile incolume) avvengono su richiesta e possono essere interrotte a piacimento, abolendo così le connessioni indesiderate.
Instaurare rapporti e individuare opportunità in situazioni fluttuanti e flessibili, per sfuggire al fastidioso senso di fragilità, con il rischio (la certezza?) di ritrovarsene ancor più penosamente preda.
La nostra cultura consumistica post-industriale privilegia prodotti pronti per l’uso, soluzioni rapide ed efficaci, soddisfazione immediata, risultati senza troppa fatica, ricette infallibili; imparare l’arte di amare è la promessa (falsa e ingannevole, ma che si spera vera) di rendere l’esperienza dell’amore simile ad altre merci, che attira e seduce; con l’aggravante che in questo caso non c’è alcun servizio post-vendita e neanche la garanzia soddisfatti o rimborsati.
Il tutto, rigorosamente customer oriented. Funziona per i prodotti, perché mai le relazioni dovrebbero sfuggire alla regola? Dalla mercificazione delle relazioni di lavoro produttive (identificazione del lavoro come merce) dell’economia liberista post-fordista, ai rapporti sentimentali flessibili nel laboratorio sociale fluido, proprio della società dei consumatori che si è sostituita a quella dei produttori.
Ora, tutto ciò implica la necessità ineludibile di ri-costruire legami definendo processi e progetti che vedano anche la rete certo, il network relazionale, ma non come fine bensì come strumento e mezzo; diviene fondamentale da parte di tutti noi imparare ad assimilare e ad effettuare una vera e propria inversione concettuale.
Ovvero provare ad utilizzare la comunità “virtuale” per consolidare e trasformarci con l’obiettivo di uscire dalla logica (fino ad oggi risultata vincente) della non-condivisione solidale e della atomizzazione frammentata di donne e uomini, nel chiaro recupero di spunti per solidità certe.
Puntando a riaffermare un capitale emotivo ricco di scelte razionali chiare e comunicabili in modo semplice, e che possa al contempo rappresentare anche un habitat affettivo. Per riformulare momenti di incontro fisico e condivisione, nel rispetto delle singole soggettività e identità. Da sinistra.

Scritto da MAT (membro)

1 commento:

Simone ha detto...

Parlavo con Lurtz nei giorni scorsi su FB riflettendo su FB stesso.
Confesso che non ho ancora letto questi ultimia rticoli, ma il fatto che abbiate ripreso a pubblicare dopo, se non sbaglio, una lunga pausa, è molto positivo... ben tornati Huruk!