"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

16 giugno 2009

Comunismo, strategia, tattica e concretezza. (di Giuseppe)

Non siamo in democrazia. Inoltre oggi la situazione internazionale è profondamente mutata rispetto ad alcuni decenni fa.
Le concessioni ottenute in passato sono state conseguite grazie a rapporti di forza internazionali ben diversi dagli attuali e per motivi strutturali inerenti al modo di produzione capitalistico.
Oggi, dicevo, la situazione è radicalmente mutata. I padroni sono purtroppo riusciti a far passare la concezione che le loro ricette, per quanto orribili, permettano migliori condizioni di sviluppo e dunque di occupazione e di vita rispetto alle nostre proposte, oramai raffigurate come tendenti a frenare lo sviluppo e dunque a peggiorare la situazione occupazionale e di vita. Ovviamente non è vera questa loro visione.
Il punto è che riescono ad imporla perchè grazie alla proprietà privata dei mezzi di produzione e dei mezzi di scambio sono in grado di ricattare interi Paesi, indirizzando l'economia nel modo a loro gradito. Oggi, inoltre, con la globalizzazione, se si spinge per ottenere migliori condizioni sociali, si incentiva la delocalizzazione della produzione in altri Paesi, si incentiva i padroni al ricorso al lavoro nero. Se si lotta per migliorare le condizioni di vita delle masse popolari attraverso un aumento della pressione fiscale alle fasce sociali più elevate (le tasse non sono così alte come frignano i padroni), si ottiene come risultato la fuga di capitali all'estero.

Durante i volantinaggi davanti alla Fiat Mirafiori ricordo le risposte degli operai ai contenuti dei volantini: un'alzata di spalle! Come a dire: avreste pure ragione ma tanto è inutile. Ricordo l'impressione surreale che ha generato una propaganda con la quale si dichiarava di essere dalla parte dei lavoratori.
Ci sarebbe da discutere sulle nuove interpretazioni del concetto di utopia. Ma, in base alle concezioni negative dell'utopia ereditate dal positivismo, ad essere utopico, perdente e "già visto", oggi, è proprio sedersi a parlare di pensioni, contratti, sanita e sicurezza.
Non siamo in democrazia e chi ha il potere non tollera che si possa discutere di questioni a loro sgradite.
E' alquanto diffuso il termine "concreto". Termine che sarebbe da vagliare nei contenuti: per concretezza si possono intendere le cose più disparate. Ci sarebbe poi anche da riflettere sul termine stesso di "concreto".
Esso, secondo alcuni, rileva una sudditanza all'egemonia ideologica borghese (e ciò è stato troppo poco discusso).
I padroni vogliono indurci a non meglio precisati ragionamenti concreti, non travalicanti il loro dominio e il modo di produzione capitalistico.
E' interessante notare come il classismo (e il razzismo) padronale abbia sempre cercato di dipingere le masse popolari (e quelle dei Paesi del terzo mondo) come masse "bambine" da educare!
Alla luce di ciò diventa inquietante la riflessione di alcuni studiosi di psicologia cognitiva secondo i quali è possibile osservare che è tipico delle età infantili condurre ragionamenti concreti, mentre è tipico delle età adulte la capacità di condurre ragionamenti astratti.
Urge ricominciare ad effettuare analisi strategiche atte al superamento di questo modo di produzione, e ciò non vuol dire cadere nell'estremismo. Anzi, l'estremismo è il tipico discorso di chi crede di poter ottenere ciò che vuole senza occuparsi della questione del potere, ragionamento basato appunto sull'estremismo tattico e il moderatismo strategico. Chi invece si occupa della questione del potere e si rende conto che le proprie lotte non possono esulare da essa, basa la propria visione su una tattica anche moderata purchè la strategia sia atta al superamento degli ostacoli che impediscono il conseguimento dei propri obiettivi e sia atta al raggiungimento di un nuovo tipo di società!
Se chi torna a casa stanco dal lavoro ha come unica prospettiva quella di impegnarsi in partiti e sindacati che promettono di lottare per minimi e pur irrealizzabili obiettivi difensivi, è logico che si ingeneri una visione nichilistica che porti a cercare altrettanto difficili ma ben più stimolanti "carriere", a vivere avendo come parola d'ordine il "si salvi chi può", a vivere senza etica, a vivere in base alla logica nietzscheana dell'ultimo uomo. E poi ci si meraviglia degli esiti elettorali.
Ricominciamo a lottare per un'altra prospettiva, di più ampio respiro!
Lottiamo per il comunismo!

4 commenti:

Simone ha detto...

Ottimi spunti!
In effetti posso confermare tutto quanto viene detto, il nichilismo è l'unica "guida" delle persone che guardano solo a limitare i danni materiali immediati.

Nel mio settore si discuterà quest'anno di rinnovo del contratto nazionale, ma la gente pensa soprattutto a NON fare scioeri perchè non è il periodo per chiedere aumenti e le aziende sarebbero in difficoltà.
Oppure, di fronte ai salari scarsi, la risposta non è più la rivendicazione ma la richiesta di fare straordinari! E dato che di questi ormai non c'è quasi più bisogno ci si lamenta perché la società non ci fa lavorare di più.

Lascio a voi ogni ulteriore osservazione...

Simone ha detto...

Chiaramente non sono d'accordo nel guardare al comunismo come alla soluzione.
Se è vero, come è vero, che il comunismo non ha fallito, ma a fallire sono stati solo alcuni singoli tentativi, non credo comunque che quest'impostazione costituisca un'alternativa valida al capitalismo, anzi vedo in essa la faccia statalista del produttivismo.

Personalmente sono per la via "comunitarista", della socializzazione e della decrescita.

http://arcadianet.blogspot.com/2008/06/amici-del-blog.html

Giuseppe ha detto...

Io ritengo che il comunismo continui a rappresentare la migliore opzione possibile. Certo il dibattito sul ruolo dello Stato è aperto ma in base alla visione marxista-leninista classica si potrà giungere al comunismo solo attraverso l'estinzione dello Stato. Con il termine statalismo vengono spesso etichettati fenomeni diversi: non solo gli stati socialisti, i quali dovettero rafforzare lo strumento statuale per non soccombere in un contesto di rapporti di forza sfavorevoli; non solo lo stato sociale degli Stati capitalisti nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale, in un contesto internazionale dove, seppure i rapporti di forza erano favorevoli ai Paesi capitalisti stessi, il maggior equilibrio non permetteva il massacro delle masse popolari e in un contesto dove certe misure sociali erano legate anche ad esigenze "strutturali" connesse al modo di produzione; ma il termine statalismo è stato attribuito ai regimi fascisti e perfino ai regimi liberali di inizio secolo scorso quando questi furono costretti ad avvalersi dello strumento della pianificazione. Riguardo ai comunitaristi, ricordo la presenza di comunisti-comunitaristi: ad esempio coloro che fanno riferimento alla rivista "Comunismo e Comunità". Penso invece che il modello proposto da un comunitarismo non comunista possa far correre il rischio di ricreare le condizioni del mercantilismo, riproducendo così le dinamiche che a suo tempo spinsero inesorabilmente verso il capitalismo. Riguardo al tema della decrescita, ritengo sì che ci si debba emancipare dalla metafisicità di certe visioni progressiste e positiviste. Al tempo stesso evito il dogma della decrescita. Io non sono nè per la crescita a tutti i costi, nè per la decrescita a tutti i costi. Ritengo che si debba avere una visione dialettica a tal proposito. Ricordo le parole di Feltri: bisogna lavorare di più, produrre di più. Classica visione borghese. Lavorare di più, produrre di più, quando le crisi capitalistiche sono crisi di sovrapproduzione e l'eccessiva produzione provoca per l'appunto crisi. E poi, perchè lavorare e produrre di più? Per incrementare lo sfruttamento dei padroni? In modo tale da permettere loro, oltretutto, la riduzione del numero dei lavoratori? Perdere il lavoro e restare senza mezzi di sussistenza non è un peggioramento della qualità della vita? E chi continua ad avere il posto di lavoro, non vede un peggioramento della proprie condizioni di vita a causa dell'intensificazione dello sfruttamento? E' per questo che spesso cito sostenitori della decrescita, sia di sinistra come Latouche, sia di destra come De Benoist. Al tempo stesso non credo nella visione metafisica della decrescita. L'incremento della produzione ha permesso un gran numero di scoperte e invenzioni, in campo medico, chirurgico, ingegneristico, tecnologico, ecc., che hanno migliorato sensibilmente la qualità della nostra vita. Oggi, paradossalmente, provengono da sinistra le proposte di coltivazione delle aiuole, proposte che furono già avanzate all'inizio del secolo scorso dai reazionari e criticate da Gramsci.

Giuseppe ha detto...

Simone, ti ringrazio per il complimento e per la tua riflessione!