"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

18 novembre 2008

"Una repubblica fondata sull'incesto"

La nostra avventura inizia con la segnalazione dell'interessante articolo che segue, postato da Demopazzia


«Ormai sembrano tutti d’accordo. C’è la crisi, si chiudono le frontiere. Il protezionismo sembra essere bandito dai tutti i mercati tranne che da quello del lavoro. Almeno in Italia. Alle parole di Maroni, secondo il quale non avrebbe senso rispedire a casa gli immigrati che perdono il lavoro per farne arrivare altri, si aggiungono quelle della CGIL di Treviso che chiede alle autorità “d'intervenire sul governo per sospendere i nuovi arrivi, finché non saranno riassorbiti i disoccupati stranieri, oltre, ovviamente a quelli italiani”.
Essendo la piena occupazione un’utopia non ci vuole molto a capire come in realtà dietro queste parole si nasconda la volontà di relegare alla clandestinità a tempo indefinito chiunque arrivi nel nostro paese in cerca di lavoro, oltre a una concezione artificiale dell’immigrazione, un fenomeno che si potrebbe regolare aprendo e chiudendo un rubinetto dal quale far uscire più o meno persone.
Una posizione sintetizzata bene da Bossi secondo il quale l’immigrazione è semplicemente una risorsa negativa. Una rappresentazione alla quale ovviamente non potremo obiettare nulla perché supportata da un’unica ragione: il buon senso.

Il buon senso, si sa, è per definizione a senso unico e chi vi si oppone ha qualcosa che non va, è stupido, non capisce. Peccato però che questa volta il buon senso vorrebbe proprio il contrario.
Il buon senso vorrebbe che non ci auto rinchiudessimo in un recinto a litigarci quel poco di foraggio che c’è rimasto. Prima di tutto perché l’immigrazione e l’emigrazione sono i fenomeni grazie ai quali esiste ancora l’umanità, il modo in cui cioè i gruppi umani si sono spostati in lungo e in largo per tutto il globo alla ricerca di condizioni di vita migliori quando l’ambiente nel quale vivevano diventava per qualche motivo ostile.
In secondo luogo perché chiudendoci in casa finiremmo per diventare tutti incestuosi condannandoci all’estinzione.
Ci sono dei motivi infatti per cui l’incesto è vietato in tutte le culture, ci sono delle ragioni per cui questa è l’unica norma condivisa da tutte le comunità umane, al contrario per esempio del divieto di uccidere o di rubare. Con l'aumentare della consanguineità tra i genitori aumenta la probabilità della comparsa di malattie ereditarie e di tare recessive. Tuttavia, il rischio principale non è dovuto tanto ad una consanguineità stretta dei genitori, quanto ad un alto coefficiente di incrocio in una popolazione o sottopopolazione che, per ragioni geografiche, sociali o religiose, ha scarsi rapporti riproduttivi con l'esterno ed è di consistenza relativamente limitata.Le radici di tale tabù avrebbero dunque piuttosto un origine culturale.
L’antropologo Levi Strauss sostiene sia proprio la proibizione dell’incesto a segnare il passaggio dallo stato di natura a una società umana organizzata. Se consideriamo il matrimonio come uno scambio la logica vuole infatti che questo avvenga tra gruppi diversi piuttosto che all’interno di uno stesso gruppo, favorendo un’azione reciproca sia in senso socio-economico che culturale, rafforzando la coesione sociale e la cooperazione tra gruppi.
È evidente che in un sistema chiuso, nel quale siano possibili esclusivamente rapporti interni al gruppo, aumenta la probabilità che si diffondano tare ereditare recessive, che vi sia un generale impoverimento socio-economico e culturale e che diminuisca la coesione sociale per lasciare il posto ad una conflittualità interna ed esterna potenzialmente distruttiva.
La chiusura delle frontiere o “blocco dei flussi” è dunque l’altra faccia della medaglia del familismo italico. Cosi come si vorrebbero chiudere le frontiere per proteggersi dall’arrivo degli “stranieri” che sottraggono il lavoro ai locali, cosi gli ordini professionali di tutte le categorie si chiudono all’arrivo degli “estranei” che non appartengono all’ambiente sociale nel quale crescono coloro che ne fanno parte.
Allo stesso modo il mito italiano della piccola e media impresa non fa altro che perpetuare nel tempo un sistema arcaico di suddivisione del lavoro nel quale non è ancora avvenuta la separazione tra attività economica e famiglia, se non spazialmente.
L’incesto diventa quindi in Italia, come in alcune società antiche, il modo in cui le famiglie che detengono il potere economico, politico e sociale riescono a mantenerlo o quanto meno a controllare chi debba averne accesso escludendone tutti gli altri.»

Nessun commento: