Probabilmente, qualche ingenuo pensava che la "meravigliosa proposta" di Marchionne per Pomigliano, accompagnata da una tanto fasulla quanto squallida letterina di preghiera, non riservasse alcuna controindicazione. "Dai, alla fine, il cattivo padrone non sembra così cattivo, pensa che addirittura ci considera una famiglia", avrà pensato il dipendente Fiat ampiamente esasperato dalla cassa integrazione.
Ma i conti si fanno sempre alla fine.
Ed infatti, appena sono apparsi i rendiconti periodici di borsa, che esplicitano balzi sostanziosi per la multinazionale ecco che salta fuori la tipica arroganza di chi crede di poter fare ciò che vuole.
Anzitutto si scopre, ma senza stupore, che Mirafiori non viene considerata parte della famiglia di cui parla nella sua triste letterina il manager col maglione.
Poi viene fuori che le intenzioni dell'ex colosso automobilistico sono di trasferire la produzione di un nuovo modello di monovolume, la L0, in Serbia.
Dice l'AD che la scelta è stata obbligata dall'atteggiamento dei lavoratori di Mirafiori non disposti ad accettare le condizioni proposte. Viene da pensare che queste fossero meno "appetibili" di quelle per Pomigliano.....
A questo punto si apre una leggera bagarre da parte politica.
Pare, infatti, che il governo attualmente in carica non sia disposto ad accettare questo cambio di rotta che olezza vagamento di ricatto.
E certo. Non sono mica lavoratori Fiat. Loro.
Le responsabilità di tutta questa marcia storia sono molteplici.
Si potrebbe iniziare dallo Stato, inteso non solo come istituzione ma anche e soprattutto cittadini e contribuenti erariali, che per oltre 20 anni ha subito l'estorsione della Cig senza nemmeno sognarsi di chiederne il riscatto all'azienda nei momenti economicamente favorevoli.
E si potrebbe finire con il sindacato che ha ampiamente dimostrato di non sapere fare il lavoro per cui è chiamato ad esistere, la tutela dei lavoratori. Troppo accomodante nei momenti di lieve benessere, fino a trasformarsi in una sorta di quinta colonna a pressochè esclusivo beneficio del padrone di turno.
Non casualmente, infatti, quasi stupisce l'atteggiamento recente della Fiom, non più disposta a farsi comandare a bacchetta.
In mezzo ci mettiamo le ancor più gravi responsabilità di quei partiti che si dicono comunisti, che invece di contrastare energicamente l'avanzata dell'egemonia culturale nichilista e ultimomistica ha pensato più, e anche qui con risultati a dir poco discutibili, a risolvere le proprie faccende interne.
I proverbi non nascono mai casualmente.
Ed uno dei miei, allo stesso tempo, preferiti e detestati è: i nodi vengono sempre al pettine.
In questo momento di crisi economica, strutturale e cronica a mio modo di vedere, si palesa il frutto di decenni di smantellamento politico e culturale operato all'interno della classe dei lavoratori dai cosiddetti partiti comunisti. Progressivamente si è abbandonata la natura, possibilmente, rivoluzionaria in funzione di un amministrativismo a carattere riformista.
Ma ora, come dicevo, i nodi vengono al pettine, e i lavoratori si trovano senza nulla, senza nemmeno le mutande e senza nemmeno gli strumenti per potersele ricostituire.
Infine, l'azienda.
Esiste mica qualcuno che pensa che Marchionne sia un extraterrestre, un alieno, un essere disumano?
Se si, allora quel qualcuno si curi. O almeno si risvegli dal coma!
Marchionne fa il lavoro per cui viene, profumatamente, pagato. Egli cura gli interessi del padrone, egli è un simbolo del capitalismo.
Solo qualche riformista che mente anche a sè stesso può pensare il contrario!
Non si può pretendere che la Fiat non curi i propri interessi capitalistici, ed è un criminale chi invita a credere il contrario.
Si deve invece pretendere la costituzione e la costruzione di un sindacato di classe e di un partito che metta al primo punto del suo programma strategico l'ambizione di una società comunista.
Per me, in questo momento, conta solo questo. Tutto il resto sono e rimangono chiacchere da bar.
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