"Non siamo pacifisti. Siamo avversari della guerra imperialista per la spartizione del bottino fra i capitalisti, ma abbiamo sempre affermato che sarebbe assurdo che il proletariato rivoluzionario ripudiasse le guerre rivoluzionarie che possono essere necessarie nell'interesse del socialismo."
(Vladimir Ilič Ul'janov, Lenin, 1917)

30 aprile 2009

Primo Maggio

A cura del team di questo blog (Maura, Demcoamb, Giuseppe, Lurtz, Kim) e corredato da uno stralcio tratto da "Primo Maggio" di Edmondo De Amicis.

Nel periodo scolastico ho sempre visto la Festa dei Lavoratori come una festa che non mi rappresentava, essendo studente non ho mai ritenuto festeggiarla. Crescendo sono riuscita a prenderne la vera essenza, anche grazie a mio padre che mi ha insegnato il vero significato di questa ricorrenza.
Il Primo Maggio non è un concerto in una grande città.
Non è ascoltare un gruppo musicale che canta slogan sentiti più volte.
Il Primo Maggio è un traguardo raggiunto grazie all'impegno e al sacrificio di molti lavoratori.
Purtroppo viviamo in un periodo storico in cui il lavoratore non è più considerato tale, le vittorie raggiunte sono soltanto un ricordo e l'Essere Umano è visto più come merce di scambio che come individuo. Così va a finire che questa festa venga ricordata per le scampagnate fuori porta piuttosto che per il valore intrinseco che rappresenta.
Per me Primo Maggio significa riappropriarsi di quella dignità che violentemente stanno cercando di toglierci.
(Maura)

Buon Primo Maggio ai disoccupati, ai precari, ai cassintegrati, ai lavoratori in nero, ai lavoratori senza diritti, ai famigliari delle vittime sul lavoro. Praticamente, a tutti i lavoratori.
Escludo: i manager, che fanno del profitto l'unica regola, ai politici, che fanno i servi dei potenti (un'esclusione particolare al ministro Sacconi!), ai sindacati di professione.
E mi fermo qui perchè la lista sarebbe troppo lunga.
(Demcoamb)

Primo Maggio, Festa dei Lavoratori.
Parliamo dei Lavoratori! Basta con l'abuso, con l'utilizzo eccessivo, strumentale e tutt'altro che innocente del termine "lavoro", per nascondervi dietro gli interessi degli sfruttatori.
Primo Maggio, contro le morti sul lavoro e contro la precarietà.
Ricominciamo a lottare per un'altra società, visti i continui peggioramenti di questa.
Primo Maggio, non è solo un concerto.

Se gli stimoli vengono solo dalle canzoni, se chi torna a casa stanco dal lavoro ha come unica prospettiva quella di impegnarsi in partiti e sindacati che promettono di lottare per minimi e pur irrealizzabili obiettivi difensivi, è logico che si ingeneri una visione nichilistica che porti a cercare altrettanto difficili ma ben più stimolanti "carriere", a vivere avendo come parola d'ordine il "si salvi chi può", a vivere senza etica, a vivere in base alla logica nietzscheana dell'ultimo uomo. E poi ci si meraviglia degli esiti elettorali.
Ricominciamo a lottare per un'altra prospettiva, di più ampio respiro!
(Giuseppe)

Il Primo Maggio non è un giorno come tutti gli altri.
Il Primo Maggio non è folklore.
Il Primo Maggio è rispetto.
Il Primo Maggio è dei lavoratori.
Si prega, quindi, di fare silenzio e, soprattutto di non dire sciocchezze!
(Lurtz)

"Centotredici: sono questi gli anni della "venerabile" manifestazione internazionale del 1° Maggio. Nata alla fine dell'Ottocento a Parigi, la città della Rivoluzione e della Comune, ha accompagnato fino ad oggi lo sviluppo del movimento operaio di tutto il mondo, portandone alle luce, nel "centro borghese" come si diceva allora, le rivendicazioni - le otto ore di lavoro, le libertà politiche e la pace - ma anche le speranze.
Giornata anche utopica quindi, che va oltre le parole d'ordine contingenti e, a volte, le rigide imbracature imposte dalle esigenze politiche, per prefigurare, anche solo per un giorno, l'ebbrezza della futura società: "Oggi dimentichiamo: è così bello, non è vero, una volta tanto dimenticare il presente per spingere più libero il pensiero nell'avvenire. Specialmente per noi è bello, cui il presente non offre che la sconfinata visione delle umane miserie […]. Oggi sorvolando sul presente, spingiamo lo sguardo all'avvenire e ci contiamo". E quindi, oltre che prosaica rassegna annuale della propria forza e momento di riflessione sul cammino percorso, è anche giornata di festa, di rottura della monotonia lavorativa, in cui è lecito il sogno ad occhi aperti. Il Primo Maggio è stato tutto questo, una manifestazione multiforme e dalla pluralità di significati.[...]
La data di apertura del congresso non è casuale. Nel 1889 la capitale francese è intenta a festeggiare con l'Esposizione Universale il centenario della Rivoluzione e il 14 luglio, giorno di apertura dei lavori, porta alla mente il ricordo della presa della Bastiglia. Una scelta meditata quindi, di alto valore simbolico, effettuata da delegati che intendono presentarsi come eredi dei rivoluzionari del 1789 e continuatori degli ideali popolari che li avevano animati, in opposizione alla appropriazione operata dalla borghesia. Così recitava infatti la lettera di convocazione del congresso: "La classe dei capitalisti invita i ricchi e i potenti a venire a contemplare ed ammirare all'Esposizione Universale l'opera dei lavoratori condannati alla miseria […].
Noi socialisti […] diamo convegno a Parigi, il 14 luglio, ai produttori. Noi li invitiamo a venire a stringere i legami fraterni che, consolidando gli sforzi del proletariato di tutti i paesi, affretteranno l'avvento di un'epoca nuova". E casuale non è neppure la data individuata per la manifestazione, ma risponde all'esigenza di darle il più vasto respiro internazionale. Il 1° maggio del 1890 era stato infatti scelto dall'American Federation of Labor, riunita a congresso a St. Louis nel dicembre del 1888, per una dimostrazione nazionale a favore delle otto ore di lavoro.
[...] La deliberazione del congresso parigino sulla manifestazione a sostegno delle otto ore raccoglie un obiettivo da tempo perseguito dai movimenti operai di diversi Paesi. Nel 1855 i lavoratori di Sydney e Melbourne impongono le otto ore nel settore edilizio e l'anno successivo organizzano una manifestazione con lo scopo di estendere la riduzione a tutte le categorie. È in questa occasione che appare per la prima volta la formula delle "tre otto": "otto ore di lavoro, otto ore di svago, otto ore di riposo!". Nel 1862 da Calcutta arriva la notizia che nella stazione di Howrah milleduecento operai hanno interrotto il lavoro per molti giorni per reclamare le otto ore. È però negli Stati Uniti che la rivendicazione è sostenuta da un energico movimento di massa che vede in essa la soluzione alla disoccupazione seguita alla fine dell'economia di guerra. Subito dopo la fine della guerra civile, l'operaio e propagandista Ira Steward fonda a Boston la "Lega per le otto ore nel Massachussets", mentre nell'agosto del 1866 a Baltimora nasce la "National labor union", la prima organizzazione sindacale a base nazionale con le otto ore al centro del proprio programma. L'anno successivo una legge dell'Illinois stabilisce la giornata di lavoro di otto ore a partire dal 1° maggio e, in questa data, un grande corteo formato da lavoratori iscritti a 44 sindacati sfila a Chicago. È la prima volta che la data viene associata alle otto ore. L'attivismo delle organizzazioni operaie porta a risultati positivi: l'obiettivo è raggiunto in sei Stati dell'Unione e nel 1872 una legge federale introduce la riduzione per tutti i dipendenti pubblici. Lo slogan delle "tre otto" torna nel 1882 quando la Central labor union di New York organizza una manifestazione il 5 settembre (Labor Day).
Nel vecchio continente le otto ore di lavoro sono considerate "una condizione preliminare senza la quale ogni altro tentativo di miglioramento ed emancipazione è destinato al fallimento" dall'Associazione internazionale dei lavoratori (1866), organizzazione fortemente voluta da Marx che, a sua volta, nel libro primo del Capitale (1867) scrive di una "modesta Magna Charta di una giornata lavorativa limitata dalla legge". La rivendicazione fa breccia nel movimento operaio europeo, tanto da essere introdotta nei programmi d'azione dei partiti socialisti: nel 1875 nel programma di Gotha dei socialdemocratici tedeschi, negli anni ottanta in quelli del Parti ouvrier francais e del Parti ouvrier socialiste revolutionnaire in Francia, del Parti ouvrier belge e in quelli di diversi partiti scandinavi. È in Gran Bretagna, dove si sviluppa un sindacalismo di massa tra le categorie meno qualificate (nuovo unionismo), che l'obiettivo è chiaramente percepito come punto di convergenza tra movimento politico ed economico.
Ma è ancora negli Stati Uniti che viene organizzata una nuova campagna per le otto ore. Nel 1884 la Federation of Organized Trade and Labor Unions si fa promotrice di un movimento nazionale con l'obiettivo di imporre le otto ore a partire dal 1° maggio 1886 con uno sciopero generale in tutte le maggiori città.
[...] Spies, uno dei condannati in seguito ai fatti di Chicago, si era così rivolto al giudice: "Qui calpesterete una scintilla, ma là e là, dietro e di fronte a voi, dovunque le fiamme divamperanno. È un fuoco sotterraneo, non potrete spegnerlo". Il messaggio viene raccolto negli anni successivi dal movimento anarchico. La memoria di questi "martiri" è riproposta con forza allorquando la manifestazione del 1° Maggio si è ormai configurata come un appuntamento generalmente accettato, lontano dall'atmosfera di timore e da stato di assedio che ne aveva caratterizzato i primi anni. Smessi gli antichi abiti ribelli, diventa sempre più visibile la componente festiva (gite, bicchierate, lotterie, giochi…); è il cosiddetto "tralignamento festivo" che un po' tutti criticano in nome di una giornata che deve essere di riflessione e di rassegna della propria forza. Ma le critiche più dure giungono dagli anarchici. Sono loro a richiamarsi esplicitamente a quanto accaduto nel maggio del 1886 a Chicago. E' nella memoria di quella tragica vicenda, di quell'orrore giudiziario, che il Primo Maggio può risollevarsi dall'annacquamento legalitario per ritrovare la sua anima rivoluzionaria. Si legge in un periodico anarchico del 1905: "Povero giorno! Quanto siam lungi dal famoso 1° Maggio 1886, il primo al quale gli si diede un significato rivoluzionario e che segnò la data di una battaglia colossale che il proletariato del Nord America diede a quella borghesia […]. Oggi nulla di tutto questo. La data del 1° Maggio s'è aggiunta alle troppe che già infiorano il calendario e non ci meraviglieremmo se a tal giorno tenessero chiuse pure le scuole".
A quelli degli anarchici si aggiungeranno le proteste dei socialisti intransigenti e dei sindacalisti rivoluzionari, ma l'anima festiva continuerà ad accompagnare una manifestazione che, finita la dura repressione, è uscita all'aperto (in Italia a partire dalla svolta liberale impressa da Giolitti), coinvolgendo sempre più la cittadinanza, che spezza la monotonia e che viene vissuta come annuale anticipazione della futura società socialista. Le scuole, nei municipi italiani guidati dai socialisti, saranno effettivamente chiuse"
(Liberamente tratto da: "Primo Maggio. Centotredici anni di speranze, vittorie e sconfitte", 2002)
(Kim, storico del Primo Maggio)

"[…] La folla tumultuante faceva nero tutto lo spazio intorno alla rotonda del Meridiano; la piazza era chiusa da compagnie di fanteria; il corso San Martino da una doppia schiera di cavalleggieri; i bersaglieri chiudevano il corso Beccaria; gruppi di carabinieri e di guardie di polizia a tutti gli angoli; e dietro alle masse scure e silenziose delle truppe, di cui scintillavano qua e là le uniformi e le baionette al lume dei lampioni, la piazza e i viali eran solitari, i portici deserti, le botteghe chiuse, le case senza lumi, cieche e mute come corpi abbandonati.
La città, dalla parte delle truppe, pareva morta.
La folla, in alcuni punti folta, in altri rada, fluttuava, avanzando e retrocedendo a vicenda, lanciando sassi, che non si vedeva dove andavano a cascare, emettendo urli da selvaggi, fra cui si distinguevano grida d’incitamento e di comando […].
Nel frastuono si continuava a sentire fragorii di fanali spezzati. Delle forme nere si chinavano a raccoglier pietre per terra, tenendo il viso alto, per non perder d’occhio la truppa. Altri giravano rapidamente, come per diffondere una parola d’ordine. I più avanzati parevano i più giovani, fra cui c’eran dei ragazzi. Tutta quella massa aveva delle mosse brusche, strane, come delle scosse che ricevessero tutti ad un punto, come se fosse agitata dagli scossoni d’una febbre violenta. E davanti a quella agitazione furiosa, pareva più terribile, più solenne l’immobilità impassibile delle truppe lontane, che chiudevan tutte le vie davanti come muraglie viventi.
Il Bianchini si ritirò dalla finestra, profondamente agitato. […] La folla urlava sempre più, e gli parve che avanzasse. Si sentivano suonar delle trombe. […] sentì un colpo di fucile, e poi subito una grandinata di colpi, che risonarono nella piazza con un fracasso tremendo. […] Egli si lanciò alle persiane e vide la folla fuggire disperatamente verso San Donato e il viale di Rivoli, urlando e imprecando, tutti curvi, piegati in due, come per fuggire alle palle. […] Vide tutte le truppe avanzarsi, mandando baleni dalle baionette. Vide passare sotto le sue finestre, a corsa rapidissima, una compagnia di bersaglieri […]. Dei carabinieri e delle guardie seguivan correndo le truppe, e sparando colpi di pistola. Egli notò i lampi del fuoco diretti in alto, quasi verticali. Delle grida violente di rimando s’intesero di sotto la casa: — Via! Via! Via! — Più lontano vide avanzarsi la massa — Poi un rumore pesante di passi di corsa: un gruppo di fanteria passava per i giardini della casa per prendere di fianco la turba. Dopo non si vedeva più un dimostrante da nessuna parte. […]"
("Primo Maggio", Edmondo De Amicis 1891)

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